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A cosa serve l'Europa? Con le elezioni si pone di nuovo la domanda sull’efficacia dell’Ue

Le élite europee spingono sempre per una maggiore unione, ma bisogna fare i conti anche con l’opinione degli elettori

10 Giugno 2024

Consiglio Ue

Consiglio Ue

Serve più Europa. Quante volte abbiamo sentito questa affermazione, ormai presa come un articolo di fede nel mondo dei media e degli analisti politici? Per ogni problema, ogni debolezza, sembra che la soluzione sia stringersi a livello sovranazionale per contare di più come continente. Certo, tra la superpotenza americana e i rivali geopolitici Cina e Russia, si teme che i singoli paesi europei non possano competere. Ma è proprio così? O, meglio, bisogna chiedersi: quali sono le caratteristiche dell’Europa che permetterebbero all’Unione di perseguire meglio gli interessi dei suoi cittadini, in caso di maggiore coesione politica?

La risposta è tutt’altro che chiara. Troppo spesso sentiamo argomenti solo di forma, ma senza affrontare la sostanza: essere più grandi permette di pesare di più. La presunzione è che pesare di più significhi che chi governa l’Europa farà gli interessi dei suoi cittadini. In teoria può essere così, in quanto avere maggior potere negoziale e politico verso il resto del mondo permette di non dover stare alle condizioni poste dagli altri.

C’è un problema enorme con questo ragionamento, però: finora l’Europa, in particolare dalla nascita della sua forma attuale nel 1993, cioè quando si è trasformata da Comunità in Unione, ha seguito politiche nel segno della globalizzazione, trattati scritti con principi neoliberali che si sono dimostrati decisamente inadatti ad affrontare i problemi del mondo di oggi.

Sul fronte economico, gli esempi sono numerosi: dalle regole del Patto di Stabilità che impongono la riduzione della spesa pubblica per chi ha debito pregresso – obiettivo ideologico, non necessario in termini reali, come ho spiegato in altri articoli – alla proibizione dell’intervento pubblico e della politica industriale.

Qualche cambiamento si comincia a vedere, in quanto pure gli alti prelati del sistema monetarista come Mario Draghi e Francesco Giavazzi ora riconoscono che qualcosa non funziona, e che l’Europa deve utilizzare gli stessi strumenti delle altre grandi potenze per ridare forza alle attività produttive ed affrontare il proprio declino.

La necessità di una svolta è evidente, ma finora i segnali di una comprensione piena della situazione sono limitati. In questa situazione, non deve sorprendere se alcuni partiti politici e molti cittadini in tutta Europa non si fidano delle istituzioni sovranazionali, non in grado di esprimere politiche efficaci di fronte alle molteplici crisi in atto, anche in ambito strategico.

E hanno tutto il diritto di dirlo. Sentire affermare che chi critica l’Ue rappresenta una minaccia per la democrazia è non solo superficiale, ma anche contraddittorio. Se i cittadini non sono convinti che l’Unione faccia i loro interessi, allora sono i rappresentanti dell’Ue che li devono convincere del contrario, non cercare di zittire chi non segue l’obiettivo prefissato dalle élite.

di Andrew Spannaus

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