L’8 gennaio 1918, quasi un anno prima della fine della Prima Guerra Mondiale, il Presidente americano Woodrow Wilson pronunziò il celebre discorso dei 14 punti, che servì come idea ispiratrice della Società delle Nazioni. Tra i vari punti, spicca in particolare il quarto: “Scambio di efficaci garanzie che gli armamenti dei singoli Stati saranno ridotti al minimo compatibile con la sicurezza interna”.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la Società delle Nazioni venne
sostituita dall’ONU, la cui missione è di mantenere la pace e la sicurezza internazionale; sviluppare relazioni amichevoli tra le Nazioni; promuovere migliori condizioni di vita, il progresso sociale e la tutela dei diritti umani. L’ONU opera attraverso i propri organismi, primo fra tutti l’Assemblea Generale.
Le risoluzioni Onu non hanno valore vincolante e per essere approvate devono essere votate favorevolmente dai due terzi dei 193 paesi membri.
Dal 14 maggio del 1948, data in cui David Ben Gurion proclamò ufficialmente la nascita dello Stato di Israele a oggi, Israele ha violato una settantina di Risoluzioni. Le elenco, giusto per farVi capire che conosco la materia da 37 anni (Voi saltate pure alla fine della lunghissima lista):
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- Risoluzione 194 (1947): profughi palestinesi hanno il diritto di tornare alle loro case in Israele;
- Risoluzione 106 (1955): Condanna Israele per l’attacco a Gaza;
- Risoluzione 111 (1956): condanna Israele per l’attacco alla Siria, che ha ucciso cinquanta-sei persone;
- Risoluzione 127 (1958): raccomanda a Israele di sospendere la sua zona “no man” (di nessuno) a Gerusalemme;
- Risoluzione 162 (1961): chiede a Israele di rispettare le decisioni delle Nazioni Unite;
- Risoluzione 171 (1962): indica brutali violazioni del diritto internazionale da parte di Israele nel suo attacco alla Siria;
- Risoluzione 228 (1966): censura Israele per il suo attacco a Samu in Cisgiordania, allora sotto il controllo giordano;
- Risoluzione 237 (1967): chiede con urgenza a Israele di consentire il ritorno dei profughi palestinesi;
- Risoluzione 242 (1967): l’occupazione israeliana della Palestina è illegale;
- Risoluzione 248 (1968): condanna Israele per il suo attacco massiccio su Karameh in Giordania;
- Risoluzione 250 (1968): chiede a Israele di astenersi dal dispiegamento militare (parata) a Gerusalemme;
- Risoluzione 251 (1968): deplora profondamente il dispiegamento militare (parata) israeliano a Gerusalemme, in spregio della risoluzione 250;
- Risoluzione 252 (1968): dichiara nulli gli atti di Israele volti a unificare Gerusalemme come capitale ebraica;
- Risoluzione 256 (1968): condanna del raid israeliano sulla Giordania e delle palesi violazioni del diritto internazionale;
- Risoluzione 259 (1968): deplora il rifiuto di Israele di accettare la missione delle Nazioni Unite per valutare l’occupazione dei territori;
- Risoluzione 262 (1968): condanna Israele per l’attacco sull’aeroporto di Beirut;
- Risoluzione 265 (1969): condanna Israele per gli attacchi aerei di Salt in Giordania;
- Risoluzione 267 (1969): censura Israele per gli atti amministrativi atti a modificare lo status di Gerusalemme;
- Risoluzione 270 (1969): condanna Israele per gli attacchi aerei sui villaggi nel sud del Libano;
- Risoluzione 271 (1969): condanna Israele per la mancata esecuzione delle risoluzioni delle Nazioni Unite su Gerusalemme;
- Risoluzione 279 (1970): chiede il ritiro delle forze israeliane dal Libano;
- Risoluzione 280 (1970): condanna gli attacchi israeliani contro il Libano;
- Risoluzione 285 (1970): richiesta dell’immediato ritiro israeliano dal Libano;
- Risoluzione 298 (1971): deplora il cambiamento dello status di Gerusalemme ad opera di Israele;
- Risoluzione 313 (1972): chiede ad Israele di fermare gli attacchi contro il Libano;
- Risoluzione 316 (1972): condanna Israele per i ripetuti attacchi sul Libano;
- Risoluzione 317 (1972): deplora il rifiuto di Israele di ritirarsi dagli attacchi;
- Risoluzione 332 (1973): condanna di Israele ripetuti attacchi contro il Libano
- Risoluzione 337 (1973): condanna Israele per aver violato la sovranità del Libano;
- Risoluzione 347 (1974): condanna gli attacchi israeliani sul Libano;
- Risoluzione 3236 (1974): sancisce i diritti inalienabili del popolo palestinese in Palestina all’autodeterminazione senza interferenze esterne, all’indipendenza e alla sovranità nazionale;
- Risoluzione 425 (1978): chiede a Israele di ritirare le sue forze dal Libano;
- Risoluzione 427 (1978): chiede a Israele di completare il suo ritiro dal Libano;
- Risoluzione 444 (1979): si rammarica della mancanza di cooperazione con le forze di pace delle Nazioni Unite da parte di Israele;
- Risoluzione 446 (1979): stabilisce che gli insediamenti israeliani sono un grave ostacolo per la pace e chiede a Israele di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra;
- Risoluzione 450 (1979): chiede a Israele di smettere di attaccare il Libano;
- Risoluzione 452 (1979): chiede a Israele di cessare la costruzione di insediamenti nei territori occupati;
- Risoluzione 465 (1980): deplora gli insediamenti di Israele e chiede a tutti gli Stati membri di non dare assistenza agli insediamenti in programma;
- Risoluzione 467 (1980): deplora vivamente l’intervento militare di Israele in Libano;
- Risoluzione 468 (1980): chiede a Israele di annullare le espulsioni illegali di due sindaci palestinesi e di un giudice, e di facilitare il loro rientro;
- Risoluzione 469 (1980): deplora vivamente la mancata osservanza da parte di Israele dell’ordine del Consiglio di non deportare i palestinesi;
- Risoluzione 471 (1980): esprime profonda preoccupazione per il mancato rispetto della Quarta Convenzione di Ginevra da parte di Israele;
- Risoluzione 476 (1980): ribadisce che la richiesta di Gerusalemme da parte di Israele è nulla;
- Risoluzione 478 (1980): censura Israele, nei termini più energici, per la sua pretesa di porre Gerusalemme sotto la propria legge fondamentale;
- Risoluzione 484 (1980): dichiara imperativamente che Israele rilasci i due sindaci palestinesi deportati;
- Risoluzione 487 (1981): condanna con forza Israele per il suo attacco contro l’impianto per la produzione di energia nucleare in Iraq;
- Risoluzione 497 (1981): dichiara che l’annessione israeliana del Golan siriano è nulla e chiede che Israele revochi immediatamente la sua decisione;
- Risoluzione 498 (1981): chiede a Israele di ritirarsi dal Libano;
- Risoluzione 501 (1982): chiede a Israele di fermare gli attacchi contro il Libano e di ritirare le sue truppe;
- Risoluzione 509 (1982): chiede ad Israele di ritirare immediatamente e incondizionatamente le sue forze dal Libano;
- Risoluzione 515 (1982): chiede ad Israele di allentare l’assedio di Beirut e di consentire l’ingresso di approvvigionamenti alimentari;
- Risoluzione 517 (1982): censura Israele per non obbedire alle risoluzioni ONU e gli chiede di ritirare le sue forze dal Libano;
- Risoluzione 518 (1982): chiede che Israele cooperi pienamente con le forze delle Nazioni Unite in Libano;
- Risoluzione 520 (1982): condanna l’attacco di Israele a Beirut Ovest;
- Risoluzione 573 (1985): condanna vigorosamente Israele per i bombardamenti in Tunisia durante l’attacco alla sede dell’OLP;
- Risoluzione 587 (1986): prende atto della precedente richiesta a Israele di ritirare le sue forze dal Libano ed esorta tutte le parti a ritirarsi;
- Risoluzione 592 (1986): deplora vivamente l’uccisione di studenti palestinesi all’università di Bir Zeit ad opera di truppe israeliane;
- Risoluzione 605 (1987): deplora vivamente le politiche e le prassi israeliane che negano i diritti umani dei palestinesi;
- Risoluzione 607 (1988): chiede ad Israele di non espellere i palestinesi e di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra;
- Risoluzione 608 (1988): si rammarica profondamente del fatto che Israele ha sfidato le Nazioni Unite e deportato civili palestinesi;
- Risoluzione 636 (1989): si rammarica profondamente della deportazione di civili palestinesi ad opera di Israele;
- Risoluzione 641 (1989): continua a deplorare la deportazione israeliana dei palestinesi;
- Risoluzione 672 (1990): condanna Israele per le violenze contro i Palestinesi a Haram Al-Sharif/Temple Monte;
- Risoluzione 673 (1990): deplora il rifiuto israeliano a cooperare con le Nazioni Unite;
- Risoluzione 681 (1990): deplora la ripresa israeliana della deportazione dei palestinesi;
- Risoluzione 694 (1991): si rammarica della deportazione dei palestinesi e chiede ad Israele di garantire la loro sicurezza e il ritorno immediato;
- Risoluzione 726 (1992): condanna fermamente la deportazione dei palestinesi ad opera di Israele;
- Risoluzione 799 (1992): condanna fermamente la deportazione di 413 palestinesi e chiede ad Israele il loro immediato ritorno;
- Risoluzione 1397 (2002): afferma una visione di una regione in cui due Stati, Israele e Palestina, vivono fianco a fianco all’interno di frontiere sicure e riconosciute;
- Risoluzione dell’Assemblea generale ES-10/15 (2004): dichiara che il muro costruito all’interno dei territori occupati è contrario al diritto internazionale e chiede a Israele di demolirlo.
La risoluzione dell’Assemblea generale del 27 ottobre scorso - su proposta della Giordania - adottata con 120 voti a favore, 14 contrari e 45 astensioni tra cui quella dell’Italia - è dunque soltanto l’ultima violazione del diritto internazionale in ordine di tempo. Perché tutte queste risoluzioni? Le parole del Generale e politico israeliano Moshe Dayan sono più utili per inquadrare la questione palestinese di mille ragionamenti: «I villaggi ebraici furono costruiti al posto di quelli arabi. Voi non conoscete il nome di questi villaggi e non ve ne faccio una colpa, perché i libri di geografia non esistono più. Non solo non esistono più i libri, ma non esistono più nemmeno i villaggi. Nahlal sorse al posto di Mahlul; Kibbutz Gvat al posto di Jibta; Kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tel al-Shuman. Non c'è un solo posto in questo paese che non avesse una precedente popolazione araba». (Dichiarazione di Moshe Dayan, Ha'aretz, 4 Aprile 1969).
Ciò nonostante, i soliti giornalisti del mainstream mistificano - come loro costume - affermando che nell’ambito del contrasto ai terroristi di Hamas tutto è lecito, persino ammazzare 7.700 civili. Tanto, commentano sionisti sui social, erano "animali umani". "Niente elettricità, niente cibo, niente benzina, niente acqua. Tutto chiuso. Combattiamo contro degli animali umani e agiamo di conseguenza", ha detto il ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant annunciando l'assedio totale di Gaza. Ora dall’assedio totale è passato allo sterminio indiscriminato.
A costo di sembrare pedante, vorrei fare alcune osservazioni dal mio punto di vista, che è quello di un vecchio avvocato internazionalista. Come ha sottolineato il professor Jeffrey D. Sachs nell’intervista del 27 u.s., non tutti i conflitti internazionali si possono risolvere con le armi. Sangue chiama altro sangue e la catena di orrori è destinata ad allungarsi senza fine, come nelle peggiori faide mafiose. Il conflitto in atto è uno di quelli, in cui ogni vittoria militare non fa che esacerbare gli animi degli sconfitti, diventando il preludio di un nuovo scontro armato.
Proprio per questo esistono la diplomazia e le istituzioni internazionali, prima fra tutte l’ONU. Se una Nazione rifiuta sistematicamente le risoluzioni dell’assemblea plenaria, se il rappresentante di quella Nazione arriva addirittura a minacciare il suo Segretario Generale Antonio Guterres e a negare il visto a osservatori internazionali, nel frattempo portando avanti bombardamenti che uccidono 7.700 civili e colpiscono indiscriminatamente obiettivi civili quali due ospedali e un mercato, uccidendo 21 giornalisti, ecco io credo che esporre il problema nei termini in cui viene esposto sui media mainstream sia prestarsi al ruolo di fiancheggiatori di un regime che si è posto al di fuori del diritto internazionale e, come tale, non merita alcuna difesa.
Ci tengo a dire che - almeno nei Paesi Occidentali - le più veementi manifestazioni di condanna contro i crimini perpetrati negli ultimi giorni dall’esercito israeliano vengono da noti esponenti della comunità ebraica. Emblematico il caso di Moni Ovadia, altrettanto quello del professor Jeffrey D. Sachs. Sbagliato sarebbe dunque ridurre lo scontro in atto a una questione religiosa. Tuttavia, la religione ha il suo peso perché lo Stato di Israele - con la decisione parlamentare del 18 luglio 2018 - ha deliberato di definirsi «Israele Stato-Nazione degli ebrei». Pertanto, è esattamente come la Repubblica Islamica dell'Afganistan o dell'IRAN: una Nazione che discrimina i propri cittadini su base religiosa. Non so a Voi, ma a me fa orrore, altro che democrazia!
E mi fanno orrore coloro che giustificano lo sterminio in atto, paragonandolo a una rappresaglia: persino i nazisti, dopo via Rasella, non bombardarono Roma. Questo è un rigurgito di fogna della Storia, la ricomparsa del Male assoluto e la scomparsa della giustizia, della compassione e dell'umanità.
di Alfredo Tocchi, Il Giornale d'Italia, 28 ottobre 2023