18 Febbraio 2023
Von der Leyen-Bourla, fonte: Imago
Nel mondo capovolto in cui il vero è un momento del falso succede che uno dei più prestigiosi quotidiani del mondo, il New York Times, citi la Commissione Europea, nella persona del suo presidente, la signora Ursula von der Leyen davanti alla Corte di Giustizia Europea.
Il caso risale ad aprile 2021, quando il New York Times ha pubblicato uno scoop esclusivo. Il maxi-accordo europeo sull’acquisto delle dosi di vaccini Pfizer è stato stipulato con messaggi e chiamate personali tra il presidente della Commissione Europea e il CEO di Pfizer Albert Bourla.
La fornitura di 2.3 miliardi di dosi, acquistata a un prezzo di 19.50 euro a fiala, è stata di fatto decisa con uno scambio di messaggi su una chat WhatsApp.
Chiunque abbia avuto modo di cimentarsi con i bandi europei sa che per destreggiarsi all’interno delle procedure serve un team di veri e propri specialisti con competenze giuridiche, economiche, scientifiche, burocratiche, lobbistiche, ecc.
In questo caso la signora Ursula ha deciso di agire in tempi e modi straordinari.
Con un coraggio fuori dal comune ha inforcato gli occhiali e ha iniziato uno scambio di messaggi con il veterinario che dirige la Pfizer a ritmi tanto frenetici da far impallidire gli adolescenti che chattano sui mezzi pubblici.
Nell’entourage della signora Ursula si racconta che nella frenesia del momento i polpastrelli scottavano come pietre roventi e la concitazione l’ha portata perfino a scompigliare il ciuffo inamidato dalla parrucchiera personale: litri di lacca volatilizzati dall’inarrestabile compulsione da chat.
Lo straordinario decisionismo e l’ineguagliabile efficienza della signora Ursula resteranno negli annali come vera e propria case history, improntata allo snellimento delle asfissianti procedure burocratiche comunitarie.
Per questo la Commissione ha ritenuto naturale, perfino giusto, sottrarsi a ogni obbligo di trasparenza. Ogni richiesta di pubblicazione dei messaggi è infatti caduta nel vuoto. La Commissione ha affermato di non aver conservato i messaggi a causa della loro “natura effimera e di breve durata” e per questo non contenenti “informazioni importanti su politiche, attività o decisioni della Commissione”.
Si è dunque attivato l’ufficio del Mediatore europeo - European Ombudsman, diretto da Emily O’Reilly con una propria indagine.
Anche in questo caso la Commissione ha perseverato nella propria posizione negando l’accesso ai messaggi anche all’organismo comunitario deputato a indagare sulle denunce relative ai casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni dell’Unione. A conclusione dell’indagine la signora O’Reilly ha evidenziato come la Commissione abbia agito all’insegna della cattiva amministrazione mostrando la mancanza di volontà di svolgere i propri doveri e le proprie responsabilità in modo corretto e completo.
Nel suo ricorso, il NYT, appellandosi ai principi di trasparenza e al dovere di cronaca, sostiene che la Commissione Europea ha l’obbligo legale di rendere pubblici i messaggi, date le implicazioni economiche e politiche di tali conversazioni. La scelta del New York Times di fare causa all’UE apre una fase nuova nel rapporto tra poteri. Il NYT ha deciso di opporsi al muro di omertà eretto dalla Commissione e di provare a sgretolarlo con le armi del diritto. In questo modo si esce dall’ambito giornalistico vero e proprio per entrare in una dimensione tipica del legal thriller. Un romanzo atteso con ansia e con speranza da anni, un romanzo avvincente che coinvolge il lettore e lo accompagna nella ricerca della verità.
Il tracotante disprezzo per la vera democrazia e la vera libertà che emerge da questa vicenda è il ritratto plastico di un ceto politico che agisce in nome e per conto di interessi superiori, secondo i principi di “diplomazia personale”, incurante del bene dei popoli. Li rende ciechi di fronte a chi pretende di difendere il diritto alla libertà d’informazione in nome di un giornalismo che si sottrae ai diktat delle élite per tornare finalmente a svolgere il ruolo di “cane da guardia” del potere.
È sconcertante che un caso simile, al cui confronto il cosiddetto QatarGate è un innocente gioco da ragazzi, scivoli via nell’indifferenza generale e che Ursula von der Leyen sia ancora libera di scorrazzare per i corridoi di Bruxelles e di Strasburgo con cortigiani al seguito come la vera sovrana d’Europa.
Probabilmente la signora Ursula, i governi, i parlamenti e i media europei sono convinti che un accordo da 40 miliardi di euro sia una questione irrilevante o forse, inebriati dall’atmosfera di questo periodo, credono che si tratti di uno scherzo di carnevale preparato da qualche burlone d’oltreoceano. In fondo anche Maria Antonietta e la sua corte non si accorsero che stava per iniziare la Rivoluzione.
di Marco Pozzi
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