01 Dicembre 2025
Luigi Lovaglio - sx alto- Mps, Francesco Caltagirone - dx alto- Mediobanca, Francesco Milleri - sx basso- Luxottica, Ginacarlo Giorgetti - dx basso- Ministro Economia
Presunti patti occulti, acquisti concertati e passaggi assembleari da “sminare”: nelle prime carte dell’inchiesta della procura di Milano emergono i dettagli di un anno di manovre bancarie. L’indagine coinvolge Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e Luigi Lovaglio per le ipotesi di manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza di Consob, Bce e Ivass.
Cuore dell’indagine sono le operazioni che hanno portato Caltagirone e Milleri, ceo di EssilorLuxotticaa, ad entrare nel capitale di Mps nel novembre 2024 e poi la banca senese a lanciarsi nell’OPS su Mediobanca. I tre indagati rivendicando la correttezza dei loro comportamenti.
Nel decreto di perquisizione i pm Luca Gaglio e Giovanni Polizzi, coordinati dal procuratore aggiunto Roberto Pellicano, hanno provato a ricostruire, attraverso le indagini del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e anche grazie a delle intercettazioni, un disegno comune tra Delfin e Caltagirone.
Secondo la procura, esiste una “volontà comune di ottenere il controllo di Assicurazioni Generali sin dal 2019, evidenziata da condotte assolutamente parallele” nell’acquisto, per esempio, di azioni del Leone e di Mediobanca, nelle scelte di voto in assemblea e nell’assunzione dimissione di cariche sociali.
Tra il 2024 e il 2025, secondo i pm, si sarebbero uniti gli interessi di Caltagirone e Milleri verso Generali con quelli di Mps su Mediobanca, “senza rendere trasparente questo legame al mercato”.
Un’operazione che avrebbe avuto l’obiettivo di evitare un’Opa obbligatoria e autorizzazioni necessarie, alterando il valore dei titoli di Piazzetta Cuccia.
Per la procura, Caltagirone e Milleri avrebbero anche coordinato l’acquisto delle azioni Mps vendute dal Tesoro, tacendo un patto parasociale alla Consob e lavorando, sempre secondo la procura, “d’intesa con Lovaglio”, ceo di Mps, alla successiva Ops su Mediobanca.
Due informative della Guardia di Finanza (giugno–novembre) mettono in fila ogni passaggio di quella che oggi appare come una vera “autopsia” della scalata a Mediobanca, culminata con il nuovo ceo Alessandro Melzi d’Eril, anche lui sentito dagli acquirenti, proprio con l’obiettivo di capire le modalità “reali” con cui si sono svolti i fatti.
Il 13 novembre 2024 è stata aperta “la fase finale del progetto”: la privatizzazione del 15% di Mps da parte del tesoro. Caltagirone e Delfin acquistarono ciascuno il 3,5%, pagando un premio del 6,96%. All’operazione parteciparono anche Banco Bpm (5%) e Anima (3%).
Ma secondo i magistrati l’“accelerated book building”- termine con cui si definisce questa tipologia di operazioni - fu “opaco” e strutturato in modo da favorire proprio Caltagirone e Delfin.
Davanti alla Consob, Caltagirone ha dichiarato che il Mef lo contattò nell’ottobre 2024 per formare una “cordata italiana” su Mps essendo interessato a creare un nucleo di investitori italiani per l’istituto senese, l’ingegnere romano diede la sua disponibilità a partecipare. Inoltre Caltagirone ha sostenuto che il Mef gli avrebbe dato “sommaria informazione degli altri soggetti che sarebbero stati invitati alla procedura di Abb”. I nomi che avrebbe citato il Mef sarebbero stati Bpm, Anima e Delfin. Allo stesso tempo Caltagirone ha negato categoricamente l’esistenza di patti o accordi.
Anche il Ceo di Delfin e braccio destro di Milleri, Romolo Bardin, ha confermato l’interesse del Mef, “in tali circostanze – ricostruiscono gli inquirenti – Milleri aveva raccolto l’interesse del Mef per la creazione di un nucleo di investitori italiani”.
Il Ministero, però, ha smentito questa ricostruzione; infatti in una lettera del 29 luglio, il dg Francesco Soro afferma che “non c’è stato alcun contatto con gli acquirenti e/o con altri potenziali investitori”.
Il 9 aprile, il ceo di Unicredit Andrea Orcel aveva riferito ai pm che la banca avrebbe voluto partecipare all’Abb, vista la possibile operazione strategica tra Bpm e Mps.
Così il Ceo di Piazza Gae Aulenti aveva incaricato il top manager Giacomo Marino, che si presentò alla gara tramite l’intermediario Jefferies per non far sapere il vero nome dell’acquirente ad Akros – gruppo BPM -. Ma secondo la ricostruzione dello stesso Marino: “Marco Staccoli di Jeffries mi contattò per comunicarmi che banca Akros gli aveva riferito che il book era stato chiuso e l’operazione già conclusa”.
Secondo la Gdf, l’incarico ad Akros — scelto dal Mef per le fees più basse — sembrava orientato a pilotare la vendita, alla quale venne invitata solo la controllata di Banco BPM e nessun altro potenziale investitore come BlackRock o fondi: Millennium, Norges e Pt2 che sarebbero stati esclusi.
Per i pm, la procedura non può essere definita “competitiva”, perché se si fosse trattato di una gara pubblica, si sarebbe configurata la turbativa d’asta. Colpisce inoltre la coincidenza dell’acquisto di Caltagirone e Delfin della stessa quota di azioni, 3,5%, con lo stesso premio del 6,96%.
L’ingresso di Caltagirone e Delfin all’interno del board della banca senese fu subito evidente visto l’ingresso di cinque nuovi consiglieri nel board, tra cui il figlio dell’ingegnere, Alessandro.
Molti furano i dimissionari tra cui configurano Annapaola Negri-Clementi, Paolo Fabris de Fabris e Luca Foti Belligambi, i quali hanno riferito alla Consob che la richiesta delle loro dimissioni sarebbe arrivata “dal Mef o tramite l’onorevole Bagnai che aveva di esprimersi per conto del Mef”.
Fattispecie negata da Soro alla Consob: “Non vi è stata alcuna interlocuzione tra i Mef e i detti consiglieri dimissionari per spingerli a lasciare il board”.
Il 17 aprile, l’assemblea Mps approva l’aumento di capitale per l’OPS su Mediobanca. Il giorno dopo, una telefonata tra Lovaglio e Caltagirone rivela entusiasmo per il successo dell’operazione: "Il vero ingegnere è stato lei, ha ingegnato una cosa perfetta", avrebbe detto Lovaglio. Pochi giorni dopo, Mediobanca tentò una contromossa con un’offerta su Banca Generali, respinta in agosto anche da Caltagirone, con Delfin e diverse casse previdenziali astenute.
Per i pm, l’astensione di Milleri sarebbe stata “un espediente per mascherare il concerto”.
Secondo la procura, anche il Mef avrebbe “disapprovato” la strategia di Mediobanca.
Lo dimostrerebbe un’intercettazione del 17 giugno in cui il dg Partecipazioni e consigliere Mps Stefano Di Stefano chiese ad Alessandro Tonetti, vice presidente Cdp, se la Cassa avesse in essere dei contratti con Mediobanca come advisor o come finanziamenti e inoltre avrebbe commentato anche l’approccio della banca: "È molto antigovernativo".
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