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Musei pubblici lottizzati da gallerie straniere: che intenzioni ha il ministro?

Sembra proseguire una 'politica di palazzo', che mantiene le cose come stanno, senza voler risolvere problemi di appartenenza che si trascinano da anni, con una classe politica sempre più distante da cittadini ed elettori

05 Gennaio 2023

Musei pubblici lottizzati da gallerie straniere: che intenzioni ha il ministro?

Sorprendono le parole: “La Repubblica è di chi paga le tasse” del Presidente Mattarella rispetto alla scarsa partecipazione che gli italiani hanno del mondo dei musei d'arte contemporanea. Più che ripartire da Dante, dagli antichi romani o dal rinascimento, si ha tutta l’impressione che questo mondo lo si voglia far sparire. O mandare avanti così come é, per non pestare i piedi a nessuno. Il ‘mostrificio Italia’, ossia centinaia di location culturali ed espositive alla mercè di consigli di amministrazione lottizzati da anni, poco offre in cambio del pagamento del ticket. A dirla tutta, mostre ‘tematiche’ alla stregua di ‘antologiche’ o ‘monografiche’, e confusione di allestimenti tali da far rimpiangere il prezzo del biglietto. 

A volte si tratta di mostre di artisti storicizzati già realizzate negli anni passati che tornano ad essere allestite in una nuova sede; in altri casi si tratta di mostre allestite all’estero e svendute in Italia: Kneffel, Twombly, Marlene Dumas, Hirst, Bruce Naumann, Van Gogh, Warhol, Dufy, gli Impressionisti, addirittura i quadri di Bob Dylan e ancor prima i Pink Floyd nei musei d’arte contemporanea di Roma. Dicasi stessa cosa della fotografia, che passa di museo in museo come abbiamo visto fare per Robert Doisneau. Al Macro Testaccio ci hanno propinato McCurry dopodichè il museo viene in pratica abbandonato e gestito da un funzionario. William Kentridge ospitato al Maxxi,  trasferitosi con un'opera ambientale sulle rive del Tevere -opera poi finita in diverse pubblicazioni- come Hirst prima a Venezia da Pinault, poi da Gagosian e alla Galleria Borghese di Roma, come avvenuto per Kapoor. 

Ma di tutto questo, che avviene un po' in tutta Italia, cosa ne viene ai contribuenti, quelli citati da Mattarella, a prescindere dal fatto che il biglietto d’ingresso si aggira sempre sui 10 euro e i musei sono comunque sempre in passivo di milioni di euro? A essere schietti: è tanto difficile rappresentare il proprio elettorato nel mondo della cultura?  Tutelare la presenza di artisti italiani in musei pubblici?

Questi ultimi, se non sono sodali degli amministratori o -un tempo- lanciati da qualche centro sociale occupato, o dai laboratori universitari gestiti da storici dell’arte di vecchia scuola marxista o ancora, spediti da qualche altra regione per pagare una cambiale elettorale, sono praticamente assenti. 

L’unica speranza per esporre è riposta in alcune gallerie più ‘liberal’ in cui si devono ‘pagare’ dai 2000 agli 8000 euro di canone per una sala, senza nessuna ‘curatela’; oppure nelle numerose fiere del nord i cui criteri selettivi sono sempre a base economica; anche queste gallerie stranamente legate alle voci di lotta e di governo, pubblicate dalla filiera Espresso, e Repubblica, Corriere, poi ospitate in trasmissioni, in musei pubblici e stranieri. Si é alla mercé della cosiddetta ‘casta’ da tempo sita allo scranno più alto e quindi, sempre più forte e intoccabile; dall’altra si è esclusi dalle elite del posto fisso, le soprintendenze e i funzionari pubblici: gli spazi espositivi annessi ai musei sono ormai ad esclusivo appannaggio di gallerie straniere perchè -volendo affittarli per mostre d’arte- il canone si aggira comunque su migliaia di euro, tali da renderli inaccessibili a chi è fuori dal sistema. 

E poi c’è l’ottusità di amministratori che spesso occupano assessorati alla cultura per puro caso e si vedono costretti a genuflettersi, offrendo in dono quegli spazi,  per il Banksy del momento, trasformando così un possibile museo civico nel solito ‘mostrificio’, appiattendone l’identità e danneggiando eventuali piccole imprese locali culturali, che appunto chiudono, come gallerie, giornalai, librerie, biblioteche. Sorprenderà pensare che anche per la Biennale di Venezia ha funzionato in questa maniera, quando anche negli anni passati nella fondazione era ben rappresentato il centrodestra.

Il sospetto è che dal ‘palazzo’ basta mettersi d’accordo per trovare spazi statali, che  l’investimento destinato all’organizzazione tornerà utile per l’acquisto delle opere, spesso ciò avvenendo alla luce del sole; oppure vige lo scambio di favore, per cui si prestano spazi pubblici in Italia per averne altri all’estero, o da questa a quella provincia, spacciando poi la mostra per un evento culturale utile alla collettivitá, mentre espone chi ha più soldi da spendere. 

Dalle ultime dichiarazioni del ministro Sangiuliano sembra perpetuarsi la stessa politica, che mantiene le cose come stanno, senza  risolvere problemi che si trascinano da anni:  nulla di diverso dai precedenti governi messi alla berlina per vincere le elezioni. La veritá: paghiamo sempre 'noi'. Continua a mietere successo l’antipolitica, la rinuncia ad appartenere ad una comunità che non è più sovrana in casa propria, con una classe politica sempre più distante da cittadini ed elettori, che vogliono più presenza nel mondo dell'arte, se è giusto che, come contribuenti, ne rivendichino anche il diritto.

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