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Morte Giorgio Forattini, il mio amico ha reso il mondo un posto migliore a colpo di matita, mi spiace non averti salutato prima

Quante vignette Forattini mi ha dedicato, prendendomi per il culo! Le ho trovate tutte brillanti. Dietro quelle caricature non c'era cattiveria, ma c'erano intelligenza, affetto e una libertà sconfinata, che ci è oramai preclusa, perché ci richiederebbe un coraggio che forse non possediamo più

05 Novembre 2025

Morte Giorgio Forattini, il mio amico ha reso il mondo un posto migliore a colpo di matita, mi spiace non averti salutato prima

Giorgio Forattini, fonte: imagoeconomica

Mi è giunta pochi minuti fa la notizia che Giorgio Forattini si è spento. E sento come un nodo in gola che non riesco a sciogliere. Ho pianto. Sì, ho pianto. Perché non se n'è andato soltanto un vignettista straordinario, anzi il vignettista per eccellenza, l'ultimo rimasto, il genio ineguagliabile e assoluto, ma per me anche un amico vero, uno di quelli che ti restano nel cuore anche dopo anni di silenzio, come una carezza rimasta sospesa. Già, sospesa. La vita mi ha appena dato, per l'ennesima volta, la lezione che purtroppo non ho voluto imparare mai: non c'è sempre tempo. Non c'è sempre tempo per rivedere un amico, per dirgli "ti voglio bene", per riabbracciarlo, per bere un bicchiere insieme, per ridere ancora una volta come si rideva allora. Rimandiamo, sempre. Presi dalla corsa quotidiana, dagli impegni, da questa ruota che gira senza sosta su se stessa e che ci illude che ci sarà un'altra occasione, domani, o forse dopodomani. Invece no.

Oggi Giorgio non c'è più. E oggi che non è più possibile rivederci, io mi ritrovo a desiderare irresistibilmente una sola di quelle sere di tanti anni fa, quando ci si ritrovava noi quattro, i quattro amici al bar, Giorgio, Umberto Veronesi, Giancarlo Giannini ed io, e cenavamo e chiacchieravamo e facevamo grosse risate e ci raccontavamo. Non era l'epoca dei social network ma era l'epoca del contatto umano. Mi accorgo oggi che il nostro piccolo club era alquanto assortito: un vignettista, un chirurgo, un attore, un giornalista. Cosa avevano da condividere questi quattro, provenienti tutti da ambienti differenti? Erano tempi diversi allora, quelli in cui ci si poteva voler bene e andare d'accordo pur non condividendo le stesse opinioni. Non come oggi che l'ideologismo imperante ci ha divisi in buoni e cattivi, in belli e brutti, in vittime e carnefici, in amici e nemici, in progressisti e conservatori, anche detti questi ultimi fascisti. Viviamo in un tempo in cui la diversità di pensiero è diventata una colpa, in cui l'amicizia non resiste più alle divergenze ideologiche.

È il trionfo dell'odio, delle divisioni, della radicalizzazione, della polarizzazione, dello scontro politico, dell'intolleranza. Ed è anche il trionfo del disprezzo, che spesso rende difficile sedere ad uno stesso tavolo e condividere il pasto con chi non condivide anche il tuo credo. Siamo piombati nel Medioevo. E me ne accorgo adesso che Giorgio non c'è più. Da dieci minuti non c'è più. E rammento l'atmosfera leggera e lieta di quelle serate, serate semplici, spesso in casa, trascorse a ridere dopo lunghe giornate di lavoro. Che sollievo! Rivedo Giorgio. Sorride. I suoi occhi luccicano sempre. All'improvviso lo sguardo si illumina come se fosse attraversato da un fulmine: un'idea per una nuova vignetta. E io riesco a cogliere quanto sta accadendo dentro di lui, perché succede anche a me quando mi viene in mente un titolo, che non vedo l'ora di mettere nero su bianco. Allora si osava ancora scherzare, adesso persino una battuta rischia di essere considerata un crimine, siamo tutti più controllati, più attenti, più misurati, più prudenti, ossessionati dall'ansia di potere offendere questo o quello e di venire per ciò stesso condannati. La società ha smarrito l'ironia e forse ci prendiamo tutti troppo sul serio, pur avendo perduto la serietà.

Quante vignette Forattini mi ha dedicato, prendendomi per il culo! Le ho trovate tutte brillanti. Dietro quelle caricature non c'era cattiveria, ma c'erano intelligenza, affetto e una libertà sconfinata, che ci è oramai preclusa, perché ci richiederebbe un coraggio che forse non possediamo più.

Non ho mai provato risentimento, ma solo ammirazione per la capacità straordinaria, anzi unica, di quest'uomo di rappresentare la realtà, o il paradosso della verità, in modo efficacissimo con un semplice schizzo e due parole. Giorgio, che ha fatto della satira un'arte vera, una lente lucidissima sull'Italia, una maniera per riflettere l'anima del Paese, mi ha insegnato che per vivere bene è necessario ridere. Anche delle cose che fanno male. Anche delle cose che ci sembrano insopportabili. Anche delle cose ardue da accettare. Anche di se stessi.

Giorgio è stato un uomo libero, con cui si poteva scherzare senza offendersi, discutere di tutto senza odiarsi. E questo, forse, è ciò che mi manca di più: il suo umorismo, ovvero il suo modo di rendere il mondo più sopportabile con una matita.

Ciao Giorgio, mi dispiace di non averti salutato prima. Mi perdoni? Avrei voluto dirti che ti volevo bene.

Di Vittorio Feltri

Fonte: il Giornale

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