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Difesa aerea e sovranità: perché l’Italia non può ignorare l’allarme del generale Conserva su guerra ibrida "combattuta nei cieli"

In un’audizione intensa e senza giri di parole davanti alla Commissione Difesa della Camera, il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, generale di Squadra Aerea Antonio Conserva, ha lanciato un monito che l’Italia non può permettersi di ignorare

13 Settembre 2025

Antonio Conserva

Antonio Conserva, fonte: X, @europeisti

In un’audizione intensa e senza giri di parole davanti alla Commissione Difesa della Camera, il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, generale di Squadra Aerea Antonio Conserva, ha lanciato un monito che l’Italia non può permettersi di ignorare: il nostro spazio aereo, e più in generale la nostra sicurezza nazionale, sono oggi esposti a rischi senza precedenti. A fronte di una trasformazione profonda e accelerata delle dinamiche geopolitiche globali, investire con continuità nella Difesa – in particolare nell’Aeronautica – non è più una scelta strategica tra le tante, ma un’urgenza strutturale. Il quadro che emerge è quello di un’Europa sempre più vulnerabile in un mondo in cui le minacce si moltiplicano, sfuggono alle categorie classiche e assumono forme ibride, tecnologicamente avanzate, spesso invisibili fino al momento dell’impatto. Dalla guerra in Ucraina agli scenari mediorientali, dal terrorismo transnazionale alle incursioni aeree nello spazio Nato, il fronte della sicurezza si è spostato ben oltre le trincee e i confini: oggi si combatte nel cielo, nel cyberspazio, e nelle profondità dell’alta tecnologia.

La guerra ibrida non è teoria, ma realtà

Ci troviamo di fronte a una policrisi globale”, ha detto Conserva. E i segnali concreti non mancano. Le esercitazioni congiunte tra Russia e Bielorussia – le “Zapad 2025” – in corso proprio in questi giorni, avvengono in parallelo con episodi allarmanti come l’intrusione di 19 droni russi nello spazio aereo polacco. Episodi che non possono più essere liquidati come “incidenti” o “provocazioni isolate”. La verità, affermata con nettezza dal premier polacco Donald Tusk, è che ci troviamo di fronte a un attacco deliberato all’architettura di sicurezza europea.

Varsavia ha risposto con fermezza: 40mila soldati dispiegati al confine con Bielorussia e Russia, restrizioni al traffico aereo e una “no-fly zone” tattica nella regione orientale. La Francia ha annunciato l’invio di aerei da caccia Rafale per proteggere lo spazio aereo polacco. La Nato monitora la situazione, ma al momento non ravvisa minacce militari “immediate”. Tuttavia, l’allerta resta altissima: ogni manovra, ogni test, ogni dronata può essere l’innesco di qualcosa di più grande. E l’Italia, pur lontana geograficamente dall’epicentro baltico, non è affatto immune.

La deterrenza passa dal cielo

L’intervento del generale Conserva ha toccato un punto cruciale: la centralità della dimensione aerospaziale nella guerra contemporanea. Lo spazio aereo è ormai una “piattaforma abilitante” per qualsiasi tipo di operazione, sia essa militare, umanitaria o strategica. La supremazia in questo dominio garantisce capacità di deterrenza, proiezione di forza e protezione del territorio. L’evoluzione delle minacce – droni autonomi, missili ipersonici, sciami capaci di saturare le difese aeree, attacchi informatici – impone un aggiornamento continuo delle nostre capacità. Eppure, ha avvertito il generale, “le scorte sono spesso sottovalutate. Anche i pezzi di ricambio lo sono”. Senza adeguate scorte e infrastrutture, nessuna forza aerea può essere realmente operativa.

Una sfida strategica che chiama la politica al dovere

Il problema, come sempre, è politico. Da anni in Italia si parla di Difesa come di un costo, anziché come di un investimento. Ma oggi – nel 2025 – è chiaro che senza un apparato militare moderno, interforze e allineato con le sfide del presente, non c’è sovranità reale. Gli strumenti della diplomazia funzionano soltanto quando sono sorretti da una credibile capacità di deterrenza. E questo vale anche per l’Unione Europea, dove si discute ancora – spesso invano – di un esercito comune.

La riflessione strategica del generale Conserva non è quindi un appello settoriale. È una chiamata alla responsabilità per tutta la classe dirigente italiana. “Il nostro futuro di pace dipende dalla capacità di difenderci oggi”, ha sottolineato. Ignorare questa verità, alla luce di quanto accade alle porte dell’Europa, equivarrebbe a un atto di miopia che l’Italia non può permettersi. La sicurezza nazionale non è una bandiera ideologica: è una condizione necessaria per la nostra libertà economica, sociale e culturale.

La lezione polacca: vigilanza e preparazione

Quello che accade in Polonia ci offre una lezione chiara. Varsavia non ha atteso di contare i danni: ha reagito con fermezza, predisponendo misure concrete a difesa dei propri confini. Ha rafforzato l’addestramento, mobilitato le truppe, imposto restrizioni mirate. Non si tratta di “militarismo”, ma di consapevolezza storica. La Polonia – come le repubbliche baltiche – sa cosa significa perdere la sovranità.

In Italia, questa consapevolezza stenta a penetrare nel dibattito pubblico. Eppure, i segnali sono sotto gli occhi di tutti: la nuova base missilistica in costruzione a Pavlivka, in Bielorussia, potenzialmente capace di ospitare armi ipersoniche o nucleari; la ripresa della logica dei “blocchi” e delle sfere d’influenza; il ritorno del ricatto energetico e tecnologico come arma geopolitica. In un tale contesto, è impensabile non rafforzare anche la nostra postura difensiva.

Aeronautica: cuore della nostra sicurezza futura

Il messaggio che arriva dalla Commissione Difesa non può restare confinato a una relazione tecnica. Deve tradursi in atti concreti: piani di ammodernamento, investimenti infrastrutturali, aumento delle scorte strategiche e, soprattutto, una visione politica chiara del ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e in Europa. La nostra Aeronautica non è solo uno strumento di guerra: è un presidio di pace, libertà e stabilità. Lasciare che si impoverisca per mancanza di risorse o lungimiranza sarebbe un errore imperdonabile. L’Italia ha una storia e una vocazione strategica che la pongono al centro dei grandi equilibri. Ma solo se saprà difendersi, potrà davvero contare.

 

Di Riccardo Renzi

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