18 Agosto 2025
Non c’è la certezza» che, se fosse stata sottoposta all’esame previsto dai protocolli medici, ovvero una Tac cerebrale con mezzo di contrasto, Camilla Canepa si sarebbe salvata. Le sue condizioni erano comunque così gravi che, afferma la giudice per l’udienza preliminare che ha prosciolto tutti i sanitari che l’avevano seguita, non si può affermare «con elevato grado di probabilità vicino alla certezza» che, con una diagnosi tempestiva, ce l’avrebbe fatta. Bisogna tornare ai mesi più tragici della pandemia di Covid 19, quando il virus stava mietendo migliaia di vittime e l’avvento dei vaccini rappresentava la prima concreta possibilità di fermare la strage. Le tipologie erano diverse e una di queste, particolare sarebbe stata messo in correlazione con i rari casi di trombosi segnalati in vari Paesi, specie tra donne giovani: la somministrazione del vaccino AstraZeneca, alla fine di giugno del 2021 sarebbe stata sospesa alle under 60.
Sono passati più di quattro anni dalla morte della studentessa diciottenne di Sestri Levante deceduta all’ospedale di Lavagna per una trombosi cerebrale collegata alla somministrazione del vaccino anti-Covid prodotto da AstraZeneca: per quella tragedia, cinque medici del pronto soccorso che l’avevano visitata erano stati indagati, poi imputati e infine prosciolti. All’inizio di aprile la giudice per l’udienza preliminare Carla Pastorini aveva disposto per tutti il non luogo a procedere.
L’accusa principale, rivolta a quattro dei cinque sanitari portati davanti alla Gup, era di non essersi resi conto della gravità della situazione clinica di Camilla Canepa, e questo a causa di un approccio diagnostico sbagliato: l’effettuazione di una Tac senza utilizzare il mezzo di contrasto che, se invece fosse stato utilizzato, avrebbe reso il referto molto più chiaro. Tutti e cinque i sanitari erano stati anche imputati e poi prosciolti («il fatto non costituisce reato») dall’accusa di falso ipotizzata perché nessuno aveva annotato l’avvenuta vaccinazione anti-Covid sulla documentazione ospedaliera legata alla paziente. Il non luogo a procedere per l’accusa di omicidio colposo era stato, invece, deciso dalla giudice perché «il fatto non sussiste».
Ieri, la pubblicazione degli atti con le motivazioni del doppio proscioglimento e in particolare dall’accusa di omicidio colposo. Le motivazioni parlano di una condizione chiaramente definita come presupposto necessario per chiamare in causa la responsabilità professionale di un medico e imputargli una condotta omissiva: deve essere dimostrato «con grado di probabilità vicino alla certezza» che la morte avrebbe potuto essere evitata. Per contro, nel corso del procedimento, è stata riconosciuta l’impossibilità di poter affermare che la mancata effettuazione della Tac con mezzo di contrasto sia stata la vera causa della morte di Camilla Canepa, a fronte di un quadro clinico molto grave e di una percentuale di sopravvivenza non certa.
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