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Genova, sconto di pena ai fratelli che uccisero il padre, "perché sono stati provocati dalla vittima"

Depositate le motivazioni che hanno portato alla condanna "mite" di Alessio e Simone Scalamandré- Le difese presenteranno un ricorso tecnico per evitare il carcere

08 Giugno 2025

Genova, sconto di pena ai fratelli che uccisero il padre, "perché sono stati provocati dalla vittima"

Sono stati provocati dal padre non solo nel momento in cui è entrato in casa violando il divieto di avvicinamento e pretendendo che il figlio maggiore modificasse la denuncia nei suoi confronti, ma con anni di tensioni famigliari e minacce alla madre, tanto che i due fratelli non la volevano più lasciare sola con il marito. E’ per questa “provocazione da accumulo” che la seconda sezione della Corte d’Assise d’appello di Milano, ha accordato un forte sconto di pena ai due fratelli Scalamandrè mettendo la parola fine (quasi) a un dramma famigliare sfociato in un omicidio e a una vicenda giudiziaria durata 5 anni  con ben 6 sentenze. Dodici anni la pena per Alessio Scalamandré che oggi ha 33 anni e sei anni e due mesi per Simone, il più piccolo che aveva 20 anni quel drammatico pomeriggio del 10 agosto 2020 quando si consumò un delitto “non premeditato” ribadisce la Corte ma una reazione alla violenza del padre contro di lui che ha scatenato la rabbia “accumulata”. I giudici milanesi hanno depositato le motivazioni della sentenza.

Gli avvocati di Alessio e di Simone, che non si sono mai persi d’animo di fronte alle precedenti sentenze (i due fratelli hanno rischiato condanne rispettivamente a 21 e 12 anni di carcere), presenteranno un ricorso in Cassazione, ma sarà solo un ricorso formale, che sarà rigettato nel giro di un paio di mesi. Un espediente ‘tecnico’ per prendere ancora un po’ di tempo prima che i due ragazzi entrino in carcere. Per Alessio significherà aver scontato nel frattempo 5 anni di domiciliari, quindi considerando gli sconti per buona condotta, un po' meno della metà della pena. Per Simone, che non è stato mai destinatario di una misura cautelare, significa rifiatare ancora per l’estate per poi affrontare il periodo di detenzione: il ragazzo ha un impiego e il suo datore di lavoro gli ha assicurato che alla sua uscita il posto di lavoro sarà di nuovo suo. Anche per questo potrebbe dopo non molto accedere al lavoro esterno. Per entrambi comunque il carcere non durerà molto a lungo: affidamento in prova o semilibertà potrebbero essere concessi a entrambi entro un paio d’anni e vista la giovane età potranno poi pensare a ricostruirsi una vita. Una situazione ben diversa da quella che per loro si sarebbe prospettata se fosse stata confermata la precedente sentenza, annullata dalla Cassazione.

Su quello che accadde il pomeriggio del 10 agosto 2020 i giudici milanesi considerano del tutto credibile la versione dei due fratelli. Quando Alessio, che aveva in precedenza fatto di tutto per non incontrare il padre, alla fine aveva ceduto e lo aveva fatto entrare in casa, gli aveva ribadito che non avrebbe modificato la sua denuncia. Il padre, che si era portato dietro il foglio con la denuncia e appuntato le modifiche (in documento è stato poi trovato nell’abitazione) a quel punto si era infuriato: lo aveva preso per un braccio per trascinarlo in commissariato fino poi a scaraventarlo contro la scarpiera che si era rovesciata. Da lì la colluttazione e l’omicidio. “Quanto sostenuto dal figlio Alessio sembra verosimile e – dicono i giudici – seppur avrebbe potuto addurre giustificazioni ben più importanti, si è limitato a descrivere quanto accaduto, senza costruirsi una versione dei fatti a lui totalmente favorevole, anzi ribadendo, sempre, che fino a quel giorno, il padre non aveva mai minacciato ne agito violenza contro di lui o suo fratello”.

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