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Gioielli dei Savoia restano allo Stato, Bankitalia vince causa: "Non erano beni personali", 6732 brillanti e 2mila perle da 300 mln€

Un tesoro composto da 6.732 brillanti e 2.000 perle di varie dimensioni per un totale di quasi 2 mila carati, montati su diademi, collane ed orecchini

16 Maggio 2025

Gioielli dei Savoia restano allo Stato, Bankitalia vince causa: "Non erano beni personali", 6732 brillanti e 2mila perle da 300 mln€

I gioielli dei Savoia restano allo Stato. Bankitalia ha vinto la causa intentata da Vittorio Emanuele e altri membri della famiglia, che chiedevano la restituzione del tesoro. Un tesoro composto da 6.732 brillanti e 2.000 perle di varie dimensioni per un totale di quasi 2 mila carati, montati su diademi, collane ed orecchini. Il tribunale civile di Roma ha respinto la richiesta degli eredi di Umberto II: i giudici hanno sentenziato che si tratta di beni "di dotazione della Corona", legati alla funzione regale e non all'eredità familiare. In poche parole, è stato stabilito come non erano gioielli personali ma simboli del potere monarchico. Gli eredi di casa Savoia ricorreranno alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Gioielli dei Savoia restano allo Stato, Bankitalia vince causa: "Non erano beni personali", 6732 brillanti e 2mila perle da 300 mln€

I gioielli di casa Savoia restano allo Stato: rigettata la richiesta di restituzione da parte degli eredi di Umberto II. Per il tribunale civile di Roma, i gioielli consegnati dal Ministro della Real Casa Falcone Lucifero alla Banca d’Italia il 5 giugno 1946 (tre giorni dopo il referendum istituzionale per la scelta tra monarchia e repubblica) sono "gioie di dotazione della Corona" e non beni personali. Il tesoro che gli eredi di Umberto II vorrebbero indietro dallo Stato italiano al momento è contenuto in un piccolo astuccio di pelle nera, protetto da 11 sigilli. All'interno un tesoro da 300 milioni di euro, dal diamante rosa al collier della regina Margherita.

I Savoia annunciano ricorso

Tuttavia, i Savoia hanno deciso di non arrendersi e di ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Così il loro legale Sergio Orlandi: "Gli eredi si aspettavano l'esito di questa sentenza. Il Tribunale sull'appartenenza dei gioielli ai Savoia non ha attribuito valore decisivo ai diari del Governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi, poi Presidente della Repubblica Italiana. Einaudi ha affermato: 'Potrebbe ritenersi che le gioie spettano non al demanio dello Stato, ma alla famiglia reale' e riporta anche l'opinione del Presidente del Consiglio De Gasperi, pienamente d'accordo con lui".


L'avvocato aggiunge che "nel diario di Einaudi veniva confermato, a pagina 659, come il Re dovesse rendere conto dei diritti dei propri figli, testualmente: 'L'impressione sua è anche quella che il Re abbia dimostrato grande scrupolo potendosi sostenere la tesi che le gioie siano cosa di famiglia e non del demanio dello Stato. Del resto la formula usata di consegna 'a chi di diritto' salva le eventuali ragioni del Re, il quale d'altronde mi aveva lasciato intendere che egli doveva anche tener conto dei figli e dei loro eventuali diritti patrimoniali, non potendosi sapere quale sorte ad essi riservava l'avvenire'", conclude la nota.

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