Sabato, 06 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Siamo davvero liberi di scegliere? Il libero arbitrio tra neuroscienze e giustizia: verso un nuovo paradigma del sistema giuridico, più comprensivo dei limiti dell'individuo

La giustizia del futuro dovrà essere capace di riconoscere i limiti dell'individuo, di distribuire equamente risorse e opportunità e di promuovere un’educazione in grado di superare paure e condizionamenti inconsci, che influenzano profondamente sia le azioni individuali che quelle collettive.

02 Maggio 2025

Covid, Governo scambia lavoro con vaccinazione: quando il pregiudizio è il peggior nemico della giustizia

fonte: pixabay

Le ricerche neuroscientifiche sul libero arbitrio si concentrano sulla questione se siamo veramente liberi di scegliere o se le nostre decisioni siano determinate da processi cerebrali che sfuggono al nostro controllo consapevole. Alcuni studi suggeriscono che il cervello inizi a preparare le nostre azioni prima che ne siamo consapevoli: in pratica, sembra che una decisione sia già “presa” a livello neurologico prima che ne diventiamo consci. Questi risultati pongono dubbi sul concetto di libero arbitrio così come lo intendiamo normalmente, sollevando interrogativi su responsabilità e libertà individuale.

Alla luce di queste scoperte, ci si può chiedere se sia necessario rivedere il nostro sistema giuridico, soprattutto riguardo alla giustizia retributiva (che punisce la persona per il suo comportamento) e alla giustizia distributiva (che mira a distribuire equamente le risorse, tenendo conto delle circostanze individuali). Se le scelte umane sono in parte determinate da fattori al di fuori del controllo consapevole dell’individuo, il sistema giuridico potrebbe dover adottare un approccio più comprensivo, riconoscendo le limitazioni intrinseche degli esseri umani, come la biologia del cervello e l’educazione ricevuta.

In quest’ottica, invece di concentrarsi sulla punizione, la giustizia dovrebbe tendere a comprendere e correggere le disuguaglianze di opportunità e le cause profonde dei comportamenti dannosi. Alcuni studiosi sostengono infatti che l'essere umano sia fortemente influenzato da fattori fisiologici, psicologici e culturali, che ne limitano la capacità di agire in modo completamente razionale e libero.

La nostra economia e la nostra visione della libertà e della responsabilità dovrebbero quindi tener conto di tali condizionamenti, orientando le politiche verso un sistema più equo, che sappia valutare il contesto delle azioni umane. Il sistema giuridico dovrebbe evolversi verso un modello che consideri queste limitazioni e che si concentri sulla distribuzione delle risorse e delle opportunità, piuttosto che sulla semplice punizione, che spesso ignora le circostanze reali in cui una persona agisce.

Si mette così in evidenza la limitatezza dell'essere umano, non completamente libero da influenze biologiche e ambientali. Questa consapevolezza dovrebbe guidare una revisione delle strutture educative e giuridiche, affinché diventino strumenti di comprensione e non solo di controllo o condanna.

Ancora oggi, forme sottili di esclusione si manifestano nelle pratiche giuridiche e nelle strutture sociali. Le stesse dinamiche che hanno alimentato le atrocità del passato possono operare, in modo più silenzioso, nelle discriminazioni e nelle esclusioni contemporanee.

Il cambiamento deve dunque partire da un nuovo modo di pensare. La giustizia dovrebbe riconoscere che ogni individuo agisce sotto l'influenza di molteplici fattori interni ed esterni, e che le persone non agiscono sempre per malvagità, ma spesso per conformismo o per mancanza di riflessione critica.

È quindi fondamentale promuovere un’educazione che aiuti a riconoscere e superare i condizionamenti inconsci. Le nostre decisioni sono spesso guidate da meccanismi automatici e intuitivi, che ci portano a giudizi irrazionali. Per questo, l’educazione dovrebbe fornire strumenti per riconoscere i nostri bias cognitivi e sviluppare una maggiore consapevolezza. In assenza di questo, il pensiero collettivo e la pressione sociale possono facilmente indurre comportamenti distruttivi.

La riflessione critica, il riconoscimento dei propri limiti e delle proprie paure inconsce sono elementi chiave per un cambiamento duraturo. Il processo di esclusione è tuttora presente, anche nella nostra economia e nella nostra giurisprudenza, dove leggi che privilegiano la punizione rischiano di perpetuare stigma ed emarginazione. Serve quindi una rieducazione che introduca nuovi concetti di affettività e responsabilità.

Un passo fondamentale è riflettere sul significato della procreazione e sulle responsabilità che essa comporta. Fare figli non è solo un atto fisico, ma una decisione che influisce profondamente sul futuro dell’individuo e della società. Dobbiamo assumerci la responsabilità di non trasmettere traumi e paure generazionali, ma di imparare dalla storia per costruire un futuro più consapevole. Anche esempi simbolici, come quello di "come non si beve un martini", possono rappresentare l’importanza di un approccio più ponderato alla vita e alla responsabilità collettiva.

In sintesi, la giustizia del futuro dovrà essere capace di riconoscere i limiti dell'individuo, di distribuire equamente risorse e opportunità e di promuovere un’educazione in grado di superare paure e condizionamenti inconsci, che influenzano profondamente sia le azioni individuali che quelle collettive.

di Edoardo Trifirò, psicologo e consulente in sessuologia

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x