02 Aprile 2025
Il prossimo 10 aprile il giudice Carla Pastorini deciderà se rinviare a giudizio o prosciogliere i cinque medici dell’ospedale di Lavagna imputati per la morte di Camilla Canepa. La studentessa di 18 anni di Sestri Levante era morta a giugno 2021 all’ospedale San Martino di Genova dopo essere stata vaccinata con Astrazeneca durante un open day. Dall’autopsia era emerso che Camilla “non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco”. E che la morte per trombosi era “ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid”. Secondo l’avvocato che assiste i parenti della ragazza, “Camilla si poteva salvare. I medici dovrebbero andare a processo perché secondo noi a quella data c’erano conoscenze scientifiche tali da imporre un percorso diagnostico e terapeutico diverso da quello che è stato seguito”.
A quattro dei sanitari è contestato il reato di omicidio colposo. In particolare, secondo la procura, non avrebbero provveduto, in occasione dell’accesso della ragazza al pronto soccorso nella serata del 3 giugno 2021, all’effettuazione di tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento della sindrome da Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic trombocitopenia), che aveva colpito la ragazza dopo l’infusione della dose vaccinale. L’esecuzione di tali approfondimenti avrebbe consentito, secondo i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo, di formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere. A tutti gli indagati è contestato anche il reato di falso ideologico per non avere attestato, nella documentazione sanitaria, che la ragazza era stata sottoposta a vaccinazione anti Covid.
Una donna della provincia della Spezia, invece, sarà risarcita per un danno permanente dovuto a una dose di vaccino anti-covid obbligatorio, somministrato durante la pandemia. La sessantacinquenne avrà una rendita di 700 euro al mese per tutta la vita. Lo ha deciso la commissione medico ospedaliera della Spezia, accogliendo il ricorso presentato dalla paziente, affetta da una malattia autoimmune che impedisce la corretta coagulazione del sangue. Una patologia invalidante, insorta nella primavera 2021 dieci giorni dopo l'iniezione della prima dose del vaccino Astrazeneca. La correlazione è stata accertata dalla commissione istituita, secondo una legge del 1992, proprio per sancire i risarcimenti da parte dello Stato per eventuali danni dovuti a vaccinazioni obbligatorie, comprese quelle per i bambini in età prescolare.
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