08 Dicembre 2023
Evaristo Scalco
“Non volevo uccidere Romero, e neppure colpirlo. Volevo spaventare lui e il suo amico, invece quando ho preso in mano quell’arco ho fatto la cosa più stupida della mia vita: ho ucciso una persona giovane e ora un bambino piccolo non ha più il padre. Sono disperato per quello che ho fatto”. Evaristo Scalco, l’artigiano che la notte tra il 1 e 2 novembre del 2022 ha ucciso Javier Miranda Romero colpendolo con una freccia all’addome ed è a processo davanti alla Corte d’assise di Genova per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, si è sottoposto all’interrogatorio da parte del pm Arianna Ciavattini. In aula l’imputato ha ricostruito i fatti per circa un’ora e mezza dal momento in cui è cominciata quella lite, la sera del delitto, al momento in cui ha cercato di soccorrere la vittima. Scalco ha raccontato che era appena tornato da una cena insieme all’equipaggio con cui aveva fatto il trasferimento di un’imbarcazione da Malta a Genova: “Avevamo bevuto tre bottiglie in sette persone, ma non ero ubriaco”, ha detto. Quando è arrivato a casa ha acceso una sigaretta e ha visto “due persone nel vicolo, una stava orinando sulla saracinesca di un negozio di cui conoscevo il proprietario. Gli ho detto di andarsene almeno dietro l’angolo, che non si faceva così”.
Ne è nata una lite dai toni accesi ma poi il sessantenne si è allontanato “per andare in cucina. Ho sentito un botto, sono tornato nell’altra stanza e ho trovato un petardo in casa, che ancora stava facendo fumo. Appena si è spento gliel’ho rilanciato, mentre loro continuavano a dirmi cose. Poi a un certo punto invece si sono allontanati e credevo fosse finita lì”. Invece, secondo il racconto di Scalco, Romero e l’amico sono tornati “dopo circa10 minuti, ma non ho guardato l’orologio. Ho sentito un altro botto. A quel punto ho fatto la cosa più stupida della mia vita. Ho preso il mio arco, già armato perché dovevo cambiargli la corda e ho preso una freccia dal mucchio. Gliel’ho mostrato per fargli vedere che se loro mi tiravano i petardi, io avevo l’arco e le frecce. Pensavo di spaventarli, ma loro hanno continuato a insultarmi. Così ho scoccato la freccia, ma volevo colpire il vaso”. E ancora: “Mi sono accorto di averlo colpito solo dopo qualche minuto, quando è crollato a terra. Allora ho capito che lo avevo colpito e sono sceso per soccorrerlo”. Infine l’artigiano ha respinto l’accusa di razzismo: “Li ho chiamati stranieri di m…. perché ero alterato, ma chi mi conosce sa che non sono razzista”.
Nelle prossime udienze la requisitoria del pm e le conclusioni degli avvocati. La sentenza è stata fissata per l’11 gennaio 2024.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia