02 Giugno 2023
Frame video, fonte: Coqtail Milano
La 23enne italo inglese amante di Alessandro Impagnatiello, barman 30enne reo confesso dell’omicidio di Giulia Tramontano e del loro bimbo ancora nel grembo di lei, è stata decisiva nelle indagini che hanno portato al crollo del castello di menzogne che il killer aveva tentato di costruire intorno alla scomparsa della 29enne dalla loro casa di Senago, alla periferia di Milano.
La giovane, amante di Impagnatiello, è stata interrogata dai carabinieri nella notte tra domenica e lunedì, quando ancora si cercava Giulia, ma negli investigatori era già maturata l’ipotesi di un esito infausto e che quindi, quello da cercare era un corpo.
Il suo racconto fluido e lucido, così come emerge dagli atti di indagine, ha permesso ai militari di braccare Impagnatiello che in seguito è crollato e ha confessato l’omicidio e altri macabri dettagli relativamente alla morte di Giulia Tramontano.
Secondo i racconti della 23enne messi a verbale dai carabinieri, dopo mesi di bugie durante i quali Impagnatiello negava la relazione con Giulia e che il figlio che lei portava in grembo fosse il suo, la 23enne italo inglese è riuscita a trovare il numero di telefono della ragazza e a contattarla.
“Ci siamo accordate per incontrarci sabato alle 17.30 sotto l’hotel in cui lavoro – dice la donna agli inquirenti – siamo state oltre un’ora a parlare e a confidarci”.
Le due ragazze si incontrano e scoprono l’una la presenza dell’altra nella vita di Alessandro Impagnatiello.
La relazione tra il barman e la 23enne italo inglese era iniziata circa un anno fa, poi anche lei era rimasta incinta, ma non sentendosi pronta a diventare madre, decise di comune accordo con Impagnatiello di abortire.
Nel frattempo però, aveva notato sul telefono del 30enne delle foto con Giulia, dove si vedeva chiaramente che aspettava un bambino.
“Alessandro mi diceva che con Giulia era finita, che era bipolare e che il bimbo che aspettava non era il suo. Mi ha mostrato anche un test del dna su carta stampata”. Test che poi si è rivelato artefatto, come scoperto dalla stessa 23enne che notò nella cronologia del tablet di Impagnatiello che aveva cercato come falsificare un test del dna.
La giovane ha raccontato ancora ai carabinieri che durante l’incontro con Giulia, quest’ultima ha ricevuto una telefonata da Alessandro Impagnatiello: “Lei gli ha detto di essere in mia compagnia e gli ha chiesto di raggiungerci per un chiarimento, ma lui non si è mai presentato”. In quel momento, come emerso dalle indagini, Impagnatiello è uscito addirittura prima dal lavoro e si è recato a casa a Senago dove avrebbe effettuato delle ricerche sul web.
Come si legge negli atti, il giovane alle 19 del 27 maggio avrebbe cercato su internet “ceramica bruciata vasca da bagno”, perché proprio nella vasca da bagno, qualche ora dopo averla uccisa, avrebbe poi provato a darle fuoco con dell’alcol.
Giulia è poi tornata a casa e a dire della 23enne è successo qualcosa di strano: “Ci siamo sentite su WhatsApp e a mio avviso mi stava scrivendo in maniera diversa da quanto aveva fatto in precedenza”.
Dalla cronologia della chat agli atti, infatti, emerge l’ultimo messaggio della 23enne a Giulia inviato alle 18.45 dove le aveva scritto di tenerla aggiornata sull’evolversi della situazione tra lei e Alessandro. A quel messaggio non arriva nessuna risposta e quindi la 23enne le riscrive “tutto ok?” alle 20.29, ma Giulia era già morta.
Nonostante ciò, arriva la risposta, ma a scrivere, come sostengono convinti gli inquirenti, è Alessandro Impagnatiello.
Alle 20.31 la 23enne riceve un messaggio da Giulia che le dice di non essere stata sincera con lei e che voleva solo tornarsene dai suoi a casa sua.
Al ché la 23enne le chiede in che senso non fosse stata sincera e la risposta che arriva è: “Tante cose sono vere, parlatene tra voi due”. Poi ci sono circa 15 minuti di silenzio e dopo le varie insistenze della 23enne italo inglese, Impagnatiello dal telefono di Giulia taglia corto, scrivendo alle 21.51: “Ti ringrazio ma ora lasciami in pace, ho le mie faccende a cui badare”.
Messaggi strani e con un tono diverso rispetto a quello dell’incontro tra le due, che portano la 23enne a insospettirsi a tal punto da contattare Alessandro Impagnatiello in videochiamata.
“Gli ho chiesto dove fosse Giulia. All’inizio mi ha detto che dormiva, poi ha detto che dormiva da un’amica. Ha inquadrato la stanza e il salotto dove in effetti Giulia non c’era”.
I sospetti della ragazza diventano ancora più grandi, insieme alla preoccupazione che Alessandro potesse aver fatto del male a Giulia e decide così di contattare Chiara Tramontano, sorella di quest’ultima e raccontarle tutto.
Nel frattempo Impagnatiello insiste nel voler incontrare la 23enne italo inglese.
“Ero al lavoro, non volevo incontrarlo. Quando sono tornata a casa l’ho incontrato di sotto, ma non l’ho fatto entrare. Parlavamo dalla finestra”.
Il terrore e la diffidenza della 23enne si sono poi concretizzati il giorno seguente sul posto di lavoro.
La donna ha continuato a chiedere ad Alessandro dove fosse Giulia, ma lui era evasivo: “Mi ha detto che non lo sapeva e che non rispondeva nemmeno a lui”. Poi l’occhio della 23enne cade sullo zaino da lavoro di Impagnatiello: da lì vede spuntare un paio di guanti in lattice e allora capisce che qualcosa non andava. “Quando ho visto quei guanti ho temuto volesse fare del male anche a me”.
La 23enne ha raccontato tutto ai miliari come un fiume in piena ed è stata decisiva nelle indagini.
Alessandro Impagnatiello ha poi confessato l’omicidio la sera di mercoledì, indicando ai carabinieri dove si trovasse il corpo di Giulia Tramontano. La donna è stata uccisa sabato sera, dopodiché il 30enne avrebbe provato a bruciare il corpo nella vasca del loro bagno. Non riuscendoci o per paura di lasciare tracce troppo evidenti, ha avvolto il corpo tenendolo nel bagagliaio dell’auto per un giorno intero, fino ad abbandonarlo tra le sterpaglie a meno di 600 metri dall’abitazione in cui si è consumato il delitto.
Alessandro Impagnatiello pensava di farla franca. Tra le ricerche effettuate dal 30enne sul web, emergono anche “Alberto Stasi”, “ragazza ritrovata dopo 23 anni”. Probabilmente, come hanno ipotizzato gli inquirenti, ha cercato sin da subito un metodo valido per depistare le indagini e allontanare i sospetti da lui.
Per gli organi inquirenti Alessandro Impagnatiello deve restare in carcere, poiché sussiste il pericolo di reiterazione della condotta nei confronti della 23enne che avrebbe potuto essere la terza vittima di questa triste storia, dopo Giulia e il suo piccolo che si sarebbe chiamato Thiago.
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