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Droga al Pilastro di Bologna, condannata la famiglia alla quale aveva citofonato Salvini

Pene fino a 14 anni ai capi, ritenuti colpevoli genitori e fratelli del minore additato come pusher dal leader leghista

09 Maggio 2023

Bologna, droga al Pilastro: condannata tutta la famiglia a cui citofonò Salvin

Salvini, fonte: Twitter @Marty_Loca80

La famiglia italo-tunisina residente al Pilastro, quartiere di Bologna, alla quale Matteo Salvini aveva citofonato nel 2020 è stata condannata per spaccio di droga. Sono in totale ventuno le condanne, la più alta a 14 anni e sette mesi per un totale di 83 anni di carcere complessivi.

Droga al Pilastro di Bologna, condannata la famiglia alla quale aveva citofonato Salvini

È stato un processo con rito abbreviato quello che si è da poco concluso ed ha visto delle pene fino a 14 anni ai capi nonché ai genitori e fratelli del minore che era stato additato come pusher dal leghista, nell'episodio che lo vide coinvolto lo scorso 21 gennaio 2020. Matteo Salvini, impegnato per la campagna elettorale in Emilia Romagna aveva citofonato in un'abitazione, zona Pilastro in cui gli era stato riferito ci fosse un minorenne impegnato con lo spaccio di droga. Poi la celebre frase: "Scusi, lei spaccia?".

Circa un anno fa erano stati in 14 a finire in carcere ed altri 11 furono sottoposti a misure cautelari, per un totale di 43 indagati che secondo la Procura gestivano lo smercio nel triangolo di strade tra via Frati, Deledda e Casini.

Condannata la famiglia del giovane. Per quest'ultimo si aspetta la decisione del Tribunale dei minori

Quando il leader del Carroccio si rese protagonista del gesto, l'inchiesta era già in corso. La famiglia, dopo la ridda di polemiche querelò Salvini e la residente che aveva indicato la zona, ma entrambe le posizioni sono state archiviate. Sono stati condannati la madre del minore, Caterina Razza e il padre Labidi Faouizi Ben Ali rispettivamente a un anno e due anni, sei mesi e venti giorni, un figlio a quattro anni sei mesi e venti giorni, un’altra figlia a tre mesi e dieci giorni. Spetta adesso al Tribunale per i minori decidere per il giovane al quale era stata attaccata l'etichetta del pusher.

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