12 Gennaio 2025
Il CEO di Meta Mark Zuckerberg ospite da Joe Rogan nel suo podcast ammette di nuovo quello che si sapeva già: l'amministrazione Biden ha fatto pressioni su Meta affinché venissero censurate informazioni su Covid, vaccino Covid e relativi effetti avversi. Zuckerberg, che ha detto addio al cosiddetto fact checking, ha deciso di aprirsi nel podcast americano più famoso: "L’amministrazione Biden ha chiamato il nostro team urlando e imprecando", spiega addirittura Zuckerberg.
Zuckerberg continua: "Noi eravamo tipo ‘no, non lo faremo, non toglieremo cose che sono vere, è ridicolo’. C’era un meme di Leonardo DiCaprio che guarda la TV e parla di come tra dieci anni o qualcosa del genere sai che vedrai una pubblicità che dice: ‘ok se hai fatto un vaccino contro il Covid sei idoneo sai tipo per questo tipo di pagamento’, loro volevano che lo togliessimo. Ma non toglieremo l’umorismo e la satira non toglieremo le cose che sono vere". Davanti al rifiuto, continua Zuckerberg: "Poi tutte queste agenzie nei rami del governo fondamentalmente hanno iniziato a indagare sulla nostra azienda, è stato brutale".
Col tempo si scopre che il fact checking che adottava Meta altro non era che censura, spesso chiesta persino dal governo americano. "In genere sono abbastanza favorevole al lancio dei vaccini, penso che nel complesso i vaccini siano più positivi che negativi, ma penso che mentre cercavano di spingere quel programma, hanno anche cercato di censurare chiunque si opponesse e ci hanno spinto molto duramente a eliminare cose che erano onestamente vere. Voglio dire, ci hanno fondamentalmente spinto dentro e hanno detto: 'qualsiasi cosa dica che i vaccini potrebbero avere effetti collaterali, fondamentalmente devi eliminarla'. E io ero del parere che: 'non lo faremo'", continua Zuckerberg.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia