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Maiale davanti alla Camera dei Deputati, la protesta di Greenpeace contro gli allevamenti intensivi: "Onorevoli non potete più ignorarmi" - VIDEO

Gli attivisti ritengono che il comparto si sta spostando verso una visione industriale e iper-produttiva che avvantaggerebbe i marchi della grande distribuzione mettendo a rischio la sopravvivenza di migliaia di piccole aziende agricole e che i metodi utilizzati siano dannosi per l'ambiente, per la salute umana e per la sicurezza alimentare

05 Marzo 2025

Un grosso maiale di cartapesta è stato posizionato in piazza Montecitorio a Roma, proprio di fronte all’ingresso della Camera dei Deputati. L'iniziativa è di Greenpeace Italia che torna a chiedere al parlamento di discutere al più presto la proposta di legge per il superamento degli allevamenti intensivi, presentata oltre un anno fa insieme ad altre sigle del mondo ambientalista e ancora ferma. "Onorevoli, non potete più ignorarmi", si legge sul maiale presente in piazza Montecitorio.

Maiale davanti alla camera dei Deputati, la protesta contro gli allevamenti intensivi

L’azione organizzata da Greenpeace è contro gli allevamenti intensivi, definito dall'associazione un sistema di produzione nocivo sia per l’ambiente, soprattutto per via delle massicce emissioni di ammoniaca nell’aria, sia per la salute umana e la sicurezza alimentare. "Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro sistema zootecnico, con un quadro normativo e un supporto economico adeguati che mettano le aziende nelle condizioni di passare dall’attuale sistema di allevamento di tipo intensivo a un modello agro-ecologico", spiega Simona Savini, attivista di Greenpeace Italia.

Secondo l’associazione, sono oltre 700 milioni gli animali allevati annualmente in Italia. Negli ultimi quindici anni, il settore ha visto raddoppiare le aziende agricole di grandi dimensioni, mentre il numero delle medie e piccole imprese si è dimezzato, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Il comparto si sta spostando verso una visione industriale e iper-produttiva che, secondo gli attivisti, avvantaggia i marchi della grande distribuzione e mette a rischio la sopravvivenza di migliaia di piccole aziende agricole che faticano a tenere il passo con la concorrenza.

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