03 Dicembre 2025
Sulla vicenda del 18enne scappato da un campo rom a Roma, è intervenuto un testimone, abitante del campo, che ha rilasciato dichiarazioni choc: “È stato il nonno a legarlo e picchiarlo, ha fatto bene, si drogava”. Il giovane era stato trovato all’alba in via Salviati con polsi e caviglie serrati da lacci e fascette, dopo aver chiesto aiuto agli agenti della polizia locale. Il nonno, secondo il testimone, avrebbe agito per “proteggerlo” da comportamenti pericolosi.
A “Diario del giorno”, un uomo del campo rom da cui è scappato il 18enne offre una versione che ribalta quella del giovane, difendendo apertamente l’operato del nonno. "Il nonno ha ragione, perché lui si va a drogare, va a fare casini", afferma senza esitazioni. Secondo il testimone, il ragazzo sarebbe stato più volte fonte di problemi, e il provvedimento adottato dal familiare non sarebbe stato un sequestro, bensì un tentativo estremo di proteggerlo da sé stesso.
L’uomo, intervistato dall'inviato di Rete 4, prosegue spiegando il contesto familiare in cui sarebbe cresciuto il 18enne: "Il nonno lo ha cresciuto, lui non ha la mamma". E aggiunge una giustificazione ancora più netta: "Vedi tuo nipote che va a drogarsi e non lo picchi? Lo lasci così? Non puoi lasciarlo così. Se fossi stato nei panni del nonno avrei pensato: 'Meglio legarlo io che qualcuno lo ammazza'".
L’intervento della polizia locale avviene intorno alle quattro del mattino, in via Salviati. Il ragazzo, con i segni ancora evidenti delle fascette a polsi e caviglie, corre incontro alle pattuglie dei gruppi Spe e IV Tiburtino rivolgendo loro una richiesta d’aiuto disperata. Racconta agli agenti di essere in pericolo di vita e di essere fuggito dal campo rom per evitare un presunto tentativo di ucciderlo da parte di alcuni abitanti della baraccopoli.
Il testimone, però, nega in modo netto ogni intento violento da parte della famiglia, proseguendo con dichiarazioni choc. "Ma quale sequestro? Noi non sequestriamo le persone. Se fosse una donna sì", afferma davanti alle telecamere, lasciando intendere che l’azione del nonno sarebbe stata soltanto un atto di disciplina e non un atto criminale.
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