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Coronavirus, Aifa: 'Da Tocilizumab nessun beneficio'. Ascierto: 'Non funziona solo...'

18 Giugno 2020

Coronavirus, Aifa: 'Da Tocilizumab nessun beneficio'. Ascierto: 'Non funziona solo...'

coronavirus tocilizumab (pixabay)

Coronavirus, Aifa: 'Da Tocilizumab nessun beneficio'. Ascierto all'attacco

"Si è concluso anticipatamente, dopo l'arruolamento di 126 pazienti (un terzo della casistica prevista) lo studio randomizzato per valutare l'efficacia del Tocilizumab, somministrato in fase precoce, nei confronti della terapia standard in pazienti affetti da polmonite da Covid-19 di recente insorgenza che richiedevano assistenza ospedaliera, ma non procedure di ventilazione meccanica invasiva o semi-invasiva". Così l'Agenzia italiana del farmaco, che dichiara che "lo studio non ha mostrato alcun beneficio nei pazienti trattati né in termini di aggravamento (ingresso in terapia intensiva) né per quanto riguarda la sopravvivenza".

"In questa popolazione di pazienti in una fase meno avanzata di malattia - ha aggiunto l'Aifa - lo studio può considerarsi importante e conclusivo, mentre in pazienti di maggiore gravità si attendono i risultati di altri studi tuttora in corso".

Coronavirus, Ascierto: 'Tocilizumab non funziona sui pazienti lievi'

“Sarei cauto nell’affermare che questo farmaco non funziona, a causa di una serie di limitazioni che riguardano lo studio in questione, che è giunto a conclusioni già note, su pazienti non gravi. Nei pazienti con forma più severa, il tocilizumab funziona e noi lo stiamo dimostrando”. Così Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli, all’Adnkronos Salute. L'esperto ha commentato i risultati di uno studio randomizzato coordinato da Reggio Emilia, resi noti ieri dall'Aifa, secondo cui il medicinale non ha benefici nei pazienti Covid-19 meno gravi.

“I dati che vengono fuori dallo studio emiliano non fanno altro che confermare risultati già noti - sottolinea Ascierto - e c’è una serie di punti da notare: innanzitutto parliamo di due studi, il nostro ‘Tocivid-19′ e quest’ultimo, che arruolano due categorie di pazienti diversi. Nel trial emiliano i pazienti vengono trattati in una fase precoce e in una situazione più lieve, rispetto allo studio Tocivid-19. Ancora, nello studio emiliano per definire la risposta infiammatoria il paziente doveva corrispondere a una sola di queste tre situazioni: una misurazione della febbre al di sopra di 38° C negli ultimi 2 giorni, l’incremento della Pcr di almeno due volte il valore basale, oppure una Pcr sierica maggiore o uguale a 10 mg/dl. In pratica il paziente poteva anche solo avere avuto la febbre. Infine, i risultati riguardano 123 pazienti (anzi, la metà sono quelli effettivamente trattati essendo uno studio randomizzato): una coorte di sicuro piccola rispetto al Tocivid-19, che viene condotto su 330 pazienti, ma con una coorte osservazionale di oltre 2.500 pazienti”.

“A un mese nel nostro studio è stato ottenuto un tasso di letalità del 22,4%, quindi un risultato superiore del 10% rispetto a quanto prospettato. A 30 giorni l’impatto del tocilizumab c’è - prosegue il medico - e un altro piccolo studio retrospettivo dell’università del Michigan su pazienti gravi dimostra esattamente quello che abbiamo visto noi. Detto questo, il dato negativo su pazienti lievi già era stato evidenziato da uno studio di Sanofi Regeneron reso noto il 27 aprile: era stato affermato che il sarilumab, un analogo del tocilizumab, non funziona nelle fasi precoci, ma funziona in pazienti più seri. Tra l’altro la mortalità osservata in questo studio a 30 giorni è stata del 3% circa, indicando che si tratta di una popolazione selezionata a prognosi più favorevole”.

“La chiave – aggiunge l’esperto – sta tutta nella tempesta citochinica: se non c’è, il farmaco non funziona. Questo medicinale, in fondo, viene studiato proprio per trattare questa complicanza e non serve per prevenirla. Ci sono altri farmaci che, somministrati in fase precoce, possono avere effetto per prevenire, come i Jak inibitori, che vengono dati attualmente insieme al cortisone: hanno l’abilità di non scatenare la tempesta citochinica. Infine, nel report Aifa c’è scritto chiaramente che è possibile che selezionati sottogruppi di pazienti possano avere una migliore risposta al farmaco. Gli studi di fase 3 in corso ci daranno informazioni in più”.

Coronavirus, Roche: 'Da altri studi buoni risultati su Tocilizumab'

La casa farmaceutica Roche spiega che da diversi studi emergono risultati incoraggianti per l'utilizzo di tocilizumab contro il Covid-19, dopo i risultati dello studio italiano secondo cui non ci sarebbero vantaggi di rilievo. Roche ricorda di essere "promotore di 4 studi clinici internazionali volti a valutare l’efficacia e la sicurezza del farmaco e supporta, in Italia e nel mondo, oltre 10 sperimentazioni indipendenti condotte su migliaia di pazienti, in risposta alle elevate richieste della comunità scientifica mondiale. Alcuni studi indipendenti già conclusi e appena pubblicati, o in via di pubblicazione (come Tocivid-19, quelli condotti nei centri di Montichiari e Torino in Italia, Corimuno-19 in Francia e quello eseguito dall'Università del Michigan USA) mostrano risultati incoraggianti sulla riduzione della mortalità e/o sul beneficio clinico di tocilizumab. Altri trial (Toci-RAF, lo studio promosso dall'Ospedale Sacco di Milano e quello promosso dall'AUSL di Reggio Emilia) condotti in setting di pazienti e numerosità campionarie diversi, non hanno mostrato differenze statisticamente significative. È necessario attendere i risultati degli studi prospettici, randomizzati e controllati che forniranno indicazioni conclusive sul valore di tocilizumab nel trattamento della polmonite in corso di infezione da SARS-CoV2, come ad esempio lo studio internazionale, multicentrico COVACTA i cui risultati saranno disponibili nel corso dei prossimi mesi".

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