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Mondiali di calcio 2026, Iran-Egitto scelta “Pride match” pro a valori Lgbtq+, no dei 2 Paesi: “Mossa irragionevole a favore di un gruppo particolare”

La FIFA, da parte sua, ha reso noto solo che la partita è stata assegnata a Seattle e non a Vancouver, dove simultaneamente si affronteranno Belgio e Nuova Zelanda, senza rilasciare ulteriori commenti

11 Dicembre 2025

Mondiali 2026, partita Iran-Egitto scelta “Pride match” pro a valori Lgbtq+, no dei 2 Paesi: “Mossa irragionevole a favore di un gruppo particolare”

fonte: Reuters

La sfida Iran-Egitto ai Mondiali 2026 è stata designata come evento simbolico del Pride, scelta che ha immediatamente acceso la protesta dei 2 Paesi islamici. La partita, programmata a Seattle il 26 giugno, coincide infatti con il grande festival cittadino dedicato ai diritti Lgbtq+. Una decisione che le federazioni di Teheran e del Cairo giudicano una provocazione culturale e politica, al punto da aver inviato formali contestazioni alla FIFA. Per l’Iran si tratta di una “mossa irragionevole”, mentre l’Egitto parla di un atto in contrasto con i valori delle società arabe e islamiche.

Mondiali di calcio 2026, Iran-Egitto scelta “Pride match” pro a valori Lgbtq+, no dei 2 Paesi: “Mossa irragionevole a favore di un gruppo particolare”

La designazione del match Iran-Egitto come appuntamento centrale del Pride di Seattle ha scatenato una bufera diplomatica sportiva a meno di due anni dall’avvio dei Mondiali nordamericani del 2026. La FIFA ha scelto la città statunitense come sede dell’incontro del 26 giugno, proprio alla vigilia del PrideFest 2026, evento che ogni anno raduna oltre 200.000 partecipanti e che gli organizzatori locali vogliono trasformare in una celebrazione globale delle comunità Lgbtq+.

Il comitato organizzatore di Seattle ha già annunciato che la gara sarà accompagnata da iniziative e momenti dedicati alla visibilità Lgbtq+, definendola un’occasione “una volta nella vita per mettere in mostra e celebrare le comunità Lgbtq+ nello Stato di Washington”. Una scelta rivendicata apertamente: “Possiamo mostrare al mondo che a Seattle, tutti sono i benvenuti”, hanno dichiarato gli organizzatori.

In Iran, però, la notizia è stata accolta con forte indignazione. Il presidente della Federazione calcistica iraniana, Mehdi Taj, ha espresso una ferma condanna della decisione, dichiarando: Sia l’Egitto sia noi abbiamo presentato obiezioni, perché questa è una mossa irragionevole e illogica che di fatto segnala il sostegno a un particolare gruppo, e dobbiamo assolutamente affrontare questo punto”. Taj ha inoltre annunciato che il caso verrà portato al Consiglio FIFA in Qatar la prossima settimana.

Reazioni altrettanto dure arrivano dall’Egitto. La federazione del Cairo, in un comunicato ufficiale, ha scritto alla FIFA “rifiutando categoricamente qualsiasi attività legata al sostegno dell’omosessualità durante la partita tra la nazionale egiziana e l’Iran”. Nel documento si denuncia inoltre che “circolavano informazioni che indicavano la decisione e l’intenzione del comitato organizzatore locale di svolgere alcune attività legate al sostegno dell’omosessualità durante quella partita”, precisando che la federazione “rifiuta completamente tali attività, che contraddicono direttamente i valori culturali, religiosi e sociali nella regione, soprattutto nelle società arabe e islamiche”.

Nonostante le polemiche, il comitato organizzatore di Seattle ha confermato che “sta procedendo come previsto” con tutti gli eventi previsti, compreso il concorso artistico già lanciato in vista della partita. Il PrideFest è organizzato da un’associazione non profit dal 2007 e aveva indicato la data del 26 giugno come momento celebrativo ancor prima del sorteggio ufficiale della FIFA.

La federazione internazionale, da parte sua, ha reso noto solo che la partita è stata assegnata a Seattle e non a Vancouver, dove simultaneamente si affronteranno Belgio e Nuova Zelanda, senza rilasciare ulteriori commenti. Intanto, la questione si appresta a diventare uno dei primi casi diplomatici del Mondiale 2026, con due Paesi in aperto conflitto con un evento che, per gli Stati Uniti, rappresenta un simbolo di inclusione e libertà.

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