31 Ottobre 2025
Lucrezia Borgia, ph Michele Monasta
Sono trascorsi oltre 45 anni dall’ultima messinscena fiorentina e quindi per la terza volta dopo le programmazioni del 1933 e 1979 di Lucrezia Borgia, il capolavoro di Gaetano Donizetti tratto dall’omonima tragedia di Victor Hugo. La prima è in calendario domenica 9 novembre alle ore 17; altre tre recite sono programmate l’11 e il 14 novembre alle ore 20 e il 16 novembre alle ore 15:30. Sul podio della Sala Grande del Teatro, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, il maestro Giampaolo Bisanti che torna a dirigere al Maggio dopo le recite della Madama Butterfly del luglio del 2015. La regia dello spettacolo è firmata da Andrea Bernard, di ritorno al Maggio dopo il Don Pasquale andato in scena nel febbraio del 2020. Le scene sono di Alberto Beltrame; i costumi sono di Elena Beccaro e luci sono curate da Marco Alba. Il maestro del Coro è Lorenzo Fratini. Sul palcoscenico Jessica Pratt veste per la prima volta in carriera i panni della protagonista della vicenda, Lucrezia Borgia, impreziosendo così il suo repertorio con un altro debutto dopo quello avvenuto nella Norma andata in scena – con enorme successo – la scorsa primavera. Mirco Palazzi, di ritorno a Firenze dopo le recite de La Cenerentola del giugno del 2017, interpreta Alfonso I d'Este; René Barbera, al suo debutto al Maggio, interpreta Gennaro; Laura Verrecchia è Maffio Orsini e Daniele Falcone è Jeppo Liverotto. Don Apostolo Gazella è interpretato da Gonzalo Godoy Sepúlveda; Davide Sodini veste i panni di Ascanio Petrucci; Yaozhou Hou è Oloferno Vitellozzo; Mattia Denti è Gubetta e Antonio Mandrillo è Rustighello. Chiudono il cast, rispettivamente nei panni di Astolfo e di Un corriere, Huigang Liu e Dielli Hoxha. “La versione che proporremo in questa produzione è decisamente particolare” ha sottolineato il maestro Bisanti parlando della messinscena “ossia verrà messo in scena uno spettacolo che include tutte le modifiche e le correzioni che Donizetti fece nel corso del tempo, nonché i tre finali alternativi dell’opera. Durante il prologo eseguiremo l’aria Com’è bello di Lucrezia e poi ‘attacchiamo’ la celebre cabaletta Si voli il primo a cogliere che dunque si lega alla versione dell’opera del 1840, quella di Parigi. Nel finale del II atto, invece, faremo la versione di Londra (del 1839) la quale prevede la romanza di Gennaro Madre, se ognor lontano. Lucrezia è un’opera che musicalmente - all’epoca della sua composizione - sperimentò molto quello che poi si sentirà nei decenni successivi, nonostante l’ostracismo della critica di allora che sottolineò l’assenza di arie soliste al suo interno. Parlando dell'aspetto narrativo si può apprezzare il lavoro notevole fatto da Donizetti e da Felice Romani: Lucrezia è infatti una donna ambiziosa e truce ma ciò che comunque traspare è l’amore che essa ha nei confronti del figlio nel corso dello sviluppo della vicenda. Un altro aspetto importante è senz’altro la dicotomia tragico-comica che pervade la storia; una dicotomia che risalta nella scena del brindisi o in quelle con protagonista Maffio Orsini, il personaggio en travesti dell’opera. Da un punto di vista orchestrale posso affermare che non andiamo incontro a particolari difficoltà tecniche; è un’opera in cui l’orchestra è sempre presente e sostiene in modo pulito il canto e i suoi sviluppi. Quello che risulta complesso, in questo tipo di repertorio, è trovare le giuste logiche e il giusto impianto drammaturgico nel rigore ritmico”. Parlando della sua visione dell’opera, Andrea Bernard ha commentato la sua scelta di ambientarla in un periodo che ha segnato in modo profondo la storia italiana, ossia il secondo dopoguerra; un momento storico che ha gettato la base del nostro Paese così come lo conosciamo oggi. Lo spazio scenico è concepito come un ‘labirinto mentale’ dove la mente di Lucrezia si smarrisce tra potere e desiderio, tra colpa e amore. Per la prima volta al Teatro del Maggio Musicale si utilizza il palco girevole, un elemento che permette di restituire la velocità dell’opera di Donizetti: “Ho scelto di raccontare Lucrezia Borgia collocandola in un periodo che ha profondamente segnato la nostra generazione e che, sul piano politico e morale, ha gettato le basi dell’Italia in cui viviamo oggi: il dopoguerra, tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ‘50. Un tempo sospeso tra la voglia di rinascere e la paura di cambiare, in cui la fede si intreccia alla politica e il potere si traveste da morale. È l’epoca dell’accentramento del potere di Pio XII e della nascita della Democrazia Cristiana, un tempo in cui la Chiesa pone l’umanità di fronte a un bivio morale – “o con Dio, o contro Dio” – mentre una nuova intellettualità, disillusa dalle ferite della guerra, cerca un linguaggio capace di interpretare il futuro”. “In una Roma ambigua, intrisa di penitenza, corruzione e fervore politico” continua Bernard “si muovono prelati, aristocratici e giovani idealisti che anticipano la società della Dolce Vita. Sono gli anni in cui il pensiero si riaccende tra le pieghe di una Roma inquieta e febbrile: scrittori, artisti, registi e filosofi si ritrovano nei caffè del centro – dal Caffè Greco di via Condotti ai tavolini di via Veneto – per discutere, dubitare e reinventare la realtà. I riferimenti cinematografici – da C’eravamo tanto amati di Ettore Scola a Todo modo di Elio Petri – diventano coordinate estetiche per un racconto in cui la storia personale di Lucrezia si intreccia con quella collettiva di un Paese in cerca di identità”. Jessica Pratt veste per la prima volta in carriera i panni di Lucrezia Borgia: “Sono davvero felice ed emozionata di tornare qui al Maggio - o meglio, a casa! - per debuttare in un ruolo così bello come quello di Lucrezia. L’opera è davvero fantastica, caratterizzata da tinte drammatiche arricchite da un pathos davvero incredibile e personalmente era davvero molto tempo che attendevo di poter debuttare con questo personaggio. Questo vale non solo per l’impegno vocale che Lucrezia richiede, ma anche sul lato attoriale. Si parla infatti di una donna matura, forte e decisa in modo ferreo nelle sue decisioni. Ma a questo aspetto del suo carattere emerge anche altro, ovvero quanto lei sia vulnerabile nei confronti di suo figlio.” Mirco Palazzi è Alfonso I d'Este: “Da un punto di vista vocale penso che Lucrezia sia senz’altro impegnativa; ci sono parti di essa dove il suono dell’orchestra è molto forte e presente, e questo incide anche sulla tessitura che questo comporta; la parte di Alfonso è interpretata anche dai baritoni e questo la rende davvero una sfida. Molte parti sono infatti perfettamente adatte a un basso, naturalmente, ma altre parti sono decisamente più baritonali e questo rende il personaggio quasi double face; ciò ovviamente richiede un’attenzione vocale importante per poter ‘abbracciare’ questi due aspetti. A questo si aggiungono moltissimi contrasti che rendono in modo perfetto quelli che sono gli aspetti del carattere di Alfonso: un personaggio che si svela subito e poi si ‘ricostruisce da capo’ nelle scene successive. Guardando a Victor Hugo e al suo altro grande dramma, ossia Le roi s'amuse da cui poi verrà tratto il Rigoletto verdiano, si può anche pensare a un parallelismo fra il Duca di Mantova e Alfonso. In realtà si tratta di due anime molto diverse in quanto il primo è crudele e quasi sadico a causa del suo stesso carattere mentre Alfonso è permeato da una rabbia che nasce da una ferita, e dunque da una ragione ben precisa.” Soffermandosi sugli aspetti che più caratterizzano la sua parte René Barbera, che debutta al Maggio, ha evidenziato la fibra morale che rende Gennaro un personaggio molto forte: “È un giovane perso, gli manca una madre che non conosce. Tutta la sua vita è stata una bugia, pensava di essere figlio di un pescatore ma scoprirà che non è così. Depressione, rabbia, amarezza… vorrebbe scappare ma alla fine rimane con e per i suoi amici, in particolare con il suo caro Maffio Orsini. Per lui ha giurato “fino alla morte, fino alla fine”. Nonostante l’avvelenamento e l’aver tentato di uccidere la madre, scopre di essere figlio di Lucrezia e si condanna alla sorte di tutti. La recitazione non è semplice; devi cercare di dare voce alle tue parti più oscure e quelle emozioni che il personaggio prova e, inoltre, non dobbiamo lasciare che le nostre emozioni si leghino troppo alla parte da interpretare. Bisogna trovare un modo di trasmetterle e la musica ovviamente aiuta molto questo processo.” Laura Verrecchia, è al suo debutto nella parte di Maffio Orsini e ha sottolineato gli aspetti più interessanti che caratterizzano questo personaggio: “Questa parte è davvero curiosa e intrigante. Maffio è un ruolo en travesti e questo mi diverte molto: mi dà modo di ‘tirar fuori’ il mio lato maschile. Naturalmente ciò comporta il dover fare un lavoro molto particolare ma al contempo divertente e stimolante. Questa produzione è molto coinvolgente: Andrea Bernard ha scavato in modo profondo nella psicologia e nei sentimenti dei personaggi, lavorando in molto sulle nostre capacità attoriali.”
L’opera:
Composta nell’autunno del 1833, Lucrezia Borgia debutta al Teatro alla Scala il 26 dicembre dello stesso anno. La fonte è il dramma omonimo di Victor Hugo che Felice Romani, autore del libretto, dispose in un prologo e due atti. Fu lo stesso Donizetti a proporre a Romani di ricavare un libretto d’opera dal dramma di Hugo, attratto tanto dalle situazioni ad alta tensione presenti nel testo quanto dalle atmosfere cupe che contornano la vicenda. Lucrezia Borgia, donna spietata nella gestione del potere e pronta a eliminare ogni suo nemico, ritrova il figlio segreto Gennaro che ha dovuto abbandonare in tenera età. Il giovane, ignaro della verità, si sente attratto da quella nobildonna mascherata, fino a quando gli amici ne rivelano l’identità strappandole la maschera e oltraggiandola pubblicamente. Da quel momento si innesca una serie di eventi sempre più drammatici che porteranno all’avvelenamento della brigata di amici di Gennaro, lui stesso compreso. Solo alla fine dell’opera, nel corso di un duetto pieno di pathos, il giovane scoprirà di essere il figlio della tanto odiata Lucrezia. In Lucrezia Borgia, Donizetti forgiò musicalmente la figura di una donna assai complessa e dalla doppia personalità. Il ruolo della protagonista, tanto spietata con i nemici quanto amorevole con il figlio segreto, richiede infatti un’interprete dotata di maestria vocale unita a grande personalità drammatica.
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