Paolo Conte alla Scala, profanazione oppure omaggio alla sua carriera?

La discussione è divampata nell'ultima settimana, coinvolgendo favorevoli e contrari. Paolo Conte alla Scala è una profanazione oppure un giusto riconoscimento alla sua carriera di successo? Sotto il baffo sornione, un abbozzo di sorriso, e già, perché nel cantautore piemontese il tanto discernere di questi giorni sulla sacralità del Piermarini non può non aver portato un po’ di buonumore. In fondo all’avvocato astigiano piace sentirsi sotto osservazione artistica. "Alla Scala sono il primo e quindi non è detto che non sia pure l’ultimo" ammette. Ed è con la coscienza di questa anomalia che Conte domani sera a Milano abbatte un muro secolare, nell’inevitabile scalpore suscitato dal gesto in un contesto conservativo come quello operistico visto che nessun altro cantante aveva mai messo piede prima di lui nell’emiciclo del teatro meneghino. La “chanson” è di sicuro altro rispetto al melodramma e l’evento risulta un segno di tempi rifiutati finora da certi ambienti della cultura italiana aggrappandosi alla tradizione, all'assoluto prestigio dei luoghi e, soprattutto, ai finanziamenti pubblici. L’imputato numero uno per la pretesa presenza dei mercanti nel tempio appare il sovrintendente-direttore artistico Dominique Meyer, bersaglio di polemiche che non tengono conto di un precedente importante; il management di Conte aveva avuto il via libera già una quindicina di anni fa, quando la gestione del Teatro era in altre mani, ma lui non aveva potuto approfittare dell’opportunità per la presenza in agenda di una settimana di concerti a Parigi. Questo debutto sul palcoscenico nasce quindi da un appuntamento rimandato ...