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Intervista ad Antonio Conticello: “Da manager Mediaset al teatro, fino al ruolo di coach”

L’ex dirigente di Cologno racconta a Il Giornale d’Italia la sua vita passata in tv e la contemporaneità lavorativa

02 Giugno 2022

Antonio Conticello

Antonio Conticello è un Executive Producer e autore. Opera a livello nazionale da oltre un trentennio, nel settore radio-televisivo (Mediaset, Rai, RTL 102.5); ha ideato e firmato diversi programmi per Italia 1, Canale 5 e Raidue, oltre a dirigere l'Area Intrattenimento di RTI NewMedia per i canali satellitari presenti su Sky. Ha collaborato con Publitalia ’80 e attualmente, come coach, si occupa di corsi di comunicazione e motivazionali per aziende ed enti di formazione. Per varie aziende, si occupa inoltre di storytelling; due le opere letterarie pubblicate: La scalata della piramide di sale (2012 - divenuto testo di narrativa per le scuole) e Sotto l'Ombrellone (2015 - utilizzato nei corsi motivazionali), entrambe edite da Albatros Edizioni.

Tanti anni in Mediaset mentre ora si dedica al teatro. Com’è avvenuto questo passaggio?

«Direi proprio di sì, tanti anni in Mediaset, anzi per dirla tutta, sono partito da quella che un tempo   si chiamava Fininvest. Un percorso a me caro che mi ha permesso di crescere in quell’ambito che, sin da piccolo, amavo e sognavo: fare la televisione. Ma in fondo in fondo, quel mio “essere artista” l’ho sempre tenuto con me. Pensa che dopo la maturità mi sarebbe tanto piaciuto intraprendere l’Accademia d’arte drammatica della Silvio D’Amico, a Roma. Così non è stato e sono diventato architetto, ma evidentemente il “virus dello spettacolo” è rimasto in circolo.»

 

In Mediaset, di cosa si occupava? Per il teatro, in quale interpretazione e opera si è cimentato?

«Ho iniziato a Italia 1, nella famigerata “redazione cinema” dove si formulavano i palinsesti di rete per poi firmare, come autore, alcuni programmi e format. La voglia di “dare” era davvero tanta e fu per questo che venni chiamato da Carlo Vetrugno per progettare i primi canali tematici del gruppo, per poi seguirne tutte le produzioni diventando direttore dell’Area Intrattenimento di RTI NewMedia. Direi un’esperienza unica, così come unica è stata anche quella dell’emittenza radiofonica a RTL 102.5 e della scrittura dei miei romanzi. Ed è proprio dalla mia prima opera letteraria intitolata La scalata della piramide di sale che è nata l’idea di adattarla ad opera teatrale, dove mi sono cimentato anche nelle vesti di attore protagonista.»

 

Ha ancora senso scrivere e interpretare per il teatro in Italia?

«Penso che il “senso” dello scrivere sia il patrimonio che ognuno di noi deve gestire saggiamente e far emergere quando si creano i giusti presupposti. Devi fare attenzione e valutare la sommatoria di tutte le percezioni soggettive che facciamo nel quotidiano e al momento opportuno “comunicarle al meglio”.  Diciamo che la cosiddetta “magia del teatro” è inevitabilmente croce e delizia per chi calca le tavole del palcoscenico.  Nel nostro piccolo io, insieme agli altri quattro attori Mario Puglisi, che ha curato regia e musiche, Sonia Litrico, Maria Corso e Susy Puglisi abbiamo sperimentato la “bellezza della condivisione”, dello stare insieme seppur, a causa del covid, con non poche difficoltà.»

 

Da esperto, ci racconti i problemi della tv e del teatro nel nostro paese.

«Quello che posso dirti è che oggi il problema più grande che attanaglia la tv, ed in parte anche il teatro, è paradossalmente l’incontrollabile offerta che riceviamo puntualmente, day by day, dal mondo web e social. Sono saltati i paradigmi del “contenuto”, sono stati minati i “pilastri” di una cultura fortemente radicata nella conoscenza del sapere. Oggi viviamo in una dimensione “superlight” che recita formule “snack”, da mordi e fuggi, che spesso e volentieri innescano forti implosioni. Siamo letteralmente bombardati e perdiamo il timone della navigazione. Bisogna essere davvero bravi nel riordinare i cocci e puntare verso la direzione giusta. Bisogna tornare a “leggersi” nel profondo per poi essere capaci di farsi comprendere al meglio.»

 

Lei è anche coach. In che ambito e quali studi ha approfondito?

«Nel 2010, ho preso l’attesto di coach e da lì in avanti ho iniziato a tenere corsi di formazione per varie aziende. L’aspetto della comunicazione è qualcosa che va a completare quanto già maturato in questi anni. E’ meravigliosa la “comunicazione” e diventa fortemente stimolante quando magari al termine di un corso ti senti dire dai partecipanti “Peccato che sia finito!”. In verità, all’interno dei miei corsi, metto tutta la mia esperienza arricchita ovviamente di approfondimenti e studi, non ultimo quello di Counselor, che mi permettono di muovermi con maggiore flessibilità.»

 

Quali sono i progetti futuri? Ambito tv, teatro o altri lidi?

«Caro Stefano, a me piace tanto il termine “progetto”, perché avendo un dna creativo, sono in continuo movimento. Nulla può essere di così grande ed immenso come il nostro “pensare”. Se dovessi elencarteli tutti dovresti farmi una seconda intervista; comunque sto lavorando su qualcosa per la tv sia per Mediaset che per Rai; un progetto importante con Regione Lombardia, per non parlare delle opportunità di storytelling che alcuni amici mi hanno chiesto di sviluppare per varie aziende. Per il teatro invece stiamo attendendo alcune risposte per una possibile tournè siciliana e poi, dulcis in fundo, la conclusione del mio terzo romanzo.»

 

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