02 Dicembre 2025
Fonte: imagoeconomica
Un nuovo studio firmato da ricercatori dell’Università di Torino riaccende l’attenzione su un punto controverso della questione vaccino Covid: la gestione statistica dei soggetti appena vaccinati. Secondo gli autori, la pratica – adottata in Italia e in altri Paesi – di considerare “non vaccinati” i cittadini nei primi 14 giorni post inoculazione avrebbe generato una mancanza di rilevazione del picco di decessi proprio in quella finestra temporale, con possibili distorsioni nella valutazione di efficacia e sicurezza.
Lo studio – titolato Classification bias and impact of COVID-19 vaccination on all-cause mortality – analizza i dati ufficiali dell’Emilia-Romagna tra dicembre 2020 e dicembre 2021, ottenuti tramite accesso agli atti. Gli autori parlano apertamente di classification bias, definendolo una distorsione sistematica prodotta dalla cosiddetta counting window, la finestra di conteggio che attribuisce i soggetti alla categoria dei non vaccinati per i 14 giorni successivi all’inoculazione. Un’impostazione che non trova senso logico nel valutare la risposta immunitaria e che avrebbe così corrotto l'analisi e il conteggio degli eventi avversi immediati, inclusa la mortalità. Secondo gli autori, incrociando le curve di mortalità generale con quelle delle somministrazioni, emerge una correlazione statisticamente significativa: nei periodi di massima campagna vaccinale, i decessi – registrati nella categoria dei “non vaccinati” – aumentavano proprio nei 14 giorni post inoculazione.
Altri studi hanno segnalato inoltre che in alcuni database esteri i soggetti vengono considerati “vaccinati” solo dalla seconda dose in avanti, ipotizzando che il ciclo vaccinale sia completo solo da quel momento. Secondo gli autori, questa pratica “potrebbe produrre ulteriori distorsioni statistiche, spostando artificialmente eventi avversi e mortalità su gruppi sbagliati”. Il vaccino covid è, secondo molti studi, la causa di molte patologie e affetti avversi come l'embolia polmonare e la trombosi venosa. Questa lacuna nel conteggio, dunque, rappresenta un grave errore nella comunità medico-scientifica.
Il gruppo dell’Università di Torino richiama anche un secondo errore metodologico noto come Immortal Time Bias, già segnalato in una rianalisi dei dati della provincia di Pescara. Questo bias emerge quando non si considera correttamente il tempo in cui una persona è “non trattata” prima di ricevere il vaccino. Se non si calcola il tempo-persona, si finisce per attribuire ai non vaccinati periodi che includono anche persone che poi verranno vaccinate, generando un apparente vantaggio del gruppo vaccinato. Gli autori spiegano: “Ricalcolando i dati con criteri corretti non emerge alcun beneficio sulla mortalità generale tra i vaccinati con tre o più dosi”.
Per gli autori, le strategie adottate in Italia, Regno Unito e altri Paesi avrebbero generato una fotografia distorta, sia nella valutazione del rischio sia nel confronto tra vaccinati e non vaccinati.
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