25 Novembre 2025
Le elezioni amministrative difficilmente sparigliano le carte perché i partiti finché possono sfruttano le rendite di posizione, le clientele e le corruzioni locali e i cittadini, naturalmente parassitari, preferiscono andar sul sicuro con quelli che hanno già munto. Anche in questo caso solo conferme, ma a me sembra si possa scorgere, se volete in modo andante, tanto le analisi sofisticate le fanno gli altri, un dato tangenziale, la spia rossa della riserva per Meloni: il suo partito è andato male dappertutto, anche in Veneto dove la destra ha vinto, soprattutto in Veneto dove la Lega rediviva e rattoppata lo ha doppiato. E il partito è Meloni e Meloni è il partito: gli altri non esistono, sono meno che comprimari. Meloni nella percezione comune sconta una imbarazzante latitanza interna, lei preferisce il presenzialismo su scena internazionale che assicura potenti ritorni d'immagine, ma la questione non si risolve semplicemente in termini di concretezza: altrimenti una come Schlein sarebbe sottoterra, sotterrata da se stessa e invece il suo partito tiene un po' dovunque. Sembra più realistico cogliere un passaggio nel “sentiment”, come usa dire, dalla comprensione all'insofferenza, in altre parole Meloni pare cominciare a scontare una diffidenza di pelle da parte degli italiani: gli appelli alla nazione, il patriottismo teatrale non eccitano più, donna G viene percepita come distante, arroccata nel Palazzo, non più in sintonia con quella base popolare che l'aveva espressa. Stiamo semplificando, stiamo ragionando così come ragiona l'elettorato, suggestionabile, istintivo; in una parola lei non risulta più simpatica o riesce addirittura antipatica e in politica, nella politica di oggi che sconfina nella dimensione influencer, se non arrivi, se non seduci più sei finito. Meloni ripete che “la Nazione ha ripreso a contare”, però appare sempre più incupita, perfino tetra e non di meno convinta non si capisce bene di cosa a dispetto delle sue esitazioni, del suo trasformismo che ogni giorno che passa disvela una sconcertante vaghezza. Soccorre un esempio, banalissimo, magari insignificante, ma fresco di vita vissuta e non solo la mia: nei tre anni di potere il governo avrà annunciato dieci, cento volte il giro di vite sulle molestie telefoniche, l'ultimo pochissimi giorni fa con i nuovi poteri al sacro garante delle telecomunicazioni: da allora le molestie si sono intensificate, ormai partono alle sette di mattina, pare quasi una sfida. Ed è tutto così, anche nei contesti macro, nelle cose serie.
L'informazione propagandistica che tiene su la premier sbandiera i dati sull'occupazione, sulla tenuta di una economia che non c'è, che si barcamena non per meriti del governo ma per la disperata vitalità del mondo industriale e imprenditorile che, a dispetto della politica, in qualche modo regge sui mercati internazionali. Ma è un resistere malgrado, non grazie al governo e sul resto la qualità della vita è pessima, resta pessima. Il blocco del partito è assai poco incisivo, lei col suo ristrettissimo cerchio magico tira avanti, culla sogni quirinalizi, coltiva un vittimismo non più così redditizio. Deve ringraziare una opposizione demenziale se la sua luna di miele è durata tanto e difatti la ringrazia accontentandola oltre il lecito ma sempre più sono quelli che non se la sentono oltre di sostenere la consolazione del meno peggio, meglio lei dell'alternativa. A parte che l'alternativa non esiste, c'è un consociativismo da prima repubblica che non ci si stanca di alimentare come nella sciagurata legge partorita da tre madri, Meloni insieme a Schlein e Boldrini, per crocifiggere ogni uomo (bianco, cattolico, destroide) senza possibilità di prova contraria. Una faccenda incredibile, oscenamente liberticida, una vergogna adottata sotto un governo di destra. Io scrivo le mie critiche e sempre più sono quelli che nei commenti rispondono: mi sono pentito, mi sono sbagliato, non la voterò più. E sempre meno sono quanti ancora disposti a crederle, a darle tempo: quanto? Un ventennio?
Lei non ci fa caso perché è entrata, come accade a chi eredita il potere, nella fase paranoica, chi non è con me è un infedele, un nemico mio e della nazione, affronta le passerelle col passo deciso di chi si sente inviata da Dio, gira il mondo e costruisce la sua rete lobbistica per diventare mercante globale come i Renzi, i D'Alema, quello del politico oggi è mestiere a scadenza, propedeutico ad altre occupazioni e i leader lo sanno, si organizzano. Meloni dopo 3 anni sconta la resa dei conti e nessuno saprebbe dire in cosa il Paese oggi sarebbe migliore, nessuno osa più sperare in un salto di qualità della sua azione, la rassegnazione del meno peggio si stempera in tanto peggio e la gente va sempre meno a votare una politica generalmente immatura, irresponsabile, da influencer o maranza, di pura immagine patetica e volgare, una politica evanescente che ci scarica in un ospizio di delusioni. Senza eccezioni: i politici non sono più presentabili, per colpe loro come per necessità imposte da un tempo pornografico. Queste elezioni dall'esito annunciato dovrebbero scuotere chi comanda, svegliarla sulle tasse, la (in)sicurezza pubblica, la burocrazia paludosa, l'inefficienza pubblica, l'attività eversiva della magistratura, di un sindacato al limite del teppistico, di una sanità ancora ostinata sui vaccini, di una politica incapace di assumersi le sue responsabilità e tremende responsabilità pandemiche, una remigrazione che non può più attendere, l'uscita nei fatti non a chiacchiere da una strisciante logica woke, una scelta chiara quale che sia nel suo rapporto fin qui passivo con l'Europa; ma Giorgia vuol durare e non capisce che a forza di voler durare si finisce in bocca al gatto. Tutto è possibile in politica, specie nel manicomio Italia, ma donna G la sua occasione l'ha avuta e, sbaglierò io, con queste elezioni regionali la sua stella ha cominciato forse non a precipitare ma ad offuscarsi di sicuro.
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