22 Ottobre 2025
Elsa Fornero, fonte: imagoeconomica
La vendetta è un piatto che va servito freddo, dicevano i nonni. E la Fornero ha aspettato con pazienza. Poi si è vendicata, di una vendetta che fa male perché infiocina quelli che per anni, tanti anni, l’avevano derisa e offesa per la sua manovra sulle pensioni.
Cancelleremo la Fornero, diceva Salvini ergendosi a paladino dei pensionati; e pure Giorgia non perdeva occasione per colpire quella riforma scritta “sotto dettatura dell’Europa”. Com’è lontano il tempo di Monti. O forse no, perché alla fine il filo europeista di quell’esecutivo tiene assieme anche quelli successivi, non uno escluso. Tant’è che le regole stabilite dalla Fornero restano scolpite nella pietra e lei, dagli studi televisivi di Giovanni Floris, se la ride. Come a dire, assieme a Vasco: “Noi siamo ancora qua”. Qua che fa rima con austerità, parola che ieri la professoressa ha squadernato in un articolo sulla Stampa. “L'hanno chiamata «austerità» e hanno inveito contro l'Europa che ci imponeva amare medicine e contro i governi tecnici «asserviti» (termine sicuramente più elegante e neutro di «cortigiani») a questa filosofia di intervento pubblico”, ha scritto. E ancora: “Hanno reclamato libertà a 360 gradi nella spesa pubblica – e perciò nella formulazione delle leggi di bilancio – scordandosi il legame tra questa spesa e le entrate necessarie per la sua copertura, e quindi il suo collegamento con le imposte, considerate invece alla stregua di un furto: certo, tale sarebbe il «mettere le mani nelle tasche degli italiani» dimenticando tranquillamente i servizi pubblici – scuola, sanità, sicurezza ecc. – forniti dalle amministrazioni pubbliche grazie alle imposte. Hanno addirittura definito le imposte un «pizzo di Stato», espressione il cui significato è chiaro anche nelle più sperdute località del Paese. E la sola parola «sacrifici» scatenava reazioni stizzose, improperi, quando non addirittura minacce. Non vedevano l'ora di cancellare leggi «infami» (com'è stata definita quella pensionistica) perché, appunto, dettate dall'austerità”.
Parole pesanti ma non prive di verità e coerenza, perché gli attuali inquilini di Palazzo Chigi certe cose le dissero. Anzi, con quelle ci vinsero le elezioni. Li ho ancora nelle orecchie: non possiamo cambiare adesso la riforma Fornero perché… E c’era sempre una scusa. Intanto i pensionati restavano imbrigliati in quella riforma drastica. “Adesso la cambieremo”. Invece adesso non si cambia nulla, anzi forse peggioreranno pure le condizioni. “Ora che però sono in ballo – perché chiamati dagli elettori a governare il Paese – l'unica musica che sanno ballare è il «lento», il «prudente», la distribuzione «saggia» di ciò che è disponibile. Quanta acqua è passata sotto i ponti, quante bugie, pur sommerse dalla propaganda, sono state platealmente contraddette dalla realtà”. Che sonoro schiaffone, signora Elsa. Chissà come fischieranno le orecchie a Salvini, capo dello stesso partito di Giorgetti, il quale si becca una promozione dalla professoressa tanto odiata dai leghisti e dai fratelli. “E dobbiamo pure ringraziarli (o almeno dobbiamo ringraziare l'attuale ministro dell'Economia) perché, se non fosse così (cioè se il bilancio fosse stato scritto dall'ala più populista del governo), saremmo presto in balia di chi, dovendo valutare di prestarci dei soldi, potrebbe tornare a considerarci «Paese rischioso» e a domandare perciò un tasso di interesse più elevato di quello che i mercati finanziari – che poco hanno a cuore l'incoerenza di chi governa – oggi pretendono”.
La prosa della Fornero è bruttina, ma la sostanza colpisce perché è pregna di coerenza per lei e incoerenza per gli altri. Questa manovra è “lenta” non è “rock”; è assolutamente rispettosa della liturgia dei parametri di Bruxelles. È tecnica nella sostanza, politicante nella forma. I vincoli sono rispettati alla virgola e nello spazio concesso si cerca di assegnare l’incremento di tasse a qualche cattivo di turno (come le banche, se la misura reggerà…), nella speranza che gli elettori abbocchino. Almeno quelli che votano, perché la metà ha già salutato: tanto sono tutti uguali. Difficile dar loro torto, almeno nelle cose che contano.
Il ceto medio italiano non vede più spazi per tornare alla ricchezza di un tempo e non perché non sia capace di generarla ma perché la politica ha deciso di piegarsi alle regole di Bruxelles e quindi soffocarla. Quanto alle pensioni: come si fa a pensare di tirare oltre le soglie di uscita dal lavoro quando il lavoro sta espellendo i lavoratori perché robot, algoritmi e intelligenza artificiale costano di meno?
Le regole della Fornero non mi piacevano prima e non mi piacciono ora. Lei almeno ha la coerenza di dire oggi quel che diceva ieri. Altri no. Non solo, hanno finanche peggiorato le condizioni: grandi spese per le armi, crescita mingherlina e nuova camicia di forza perché il nuovo Patto di Stabilità (votato da questo governo, mica da quelli europeisti!) costringerà a ridurre ancor più il debito pubblico. Da qui ai prossimi anni.
Certo che se la può ridere la Fornero: la sua riforma è salda e in buone mani.
Di Gianluigi Paragone
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