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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Il Primo Maggio dei sindacati, del governo e di Brunetta: le trombette e i tromboni del Concertone; intanto gli stipendi sono fermi, e questo è un problema.

Non si può più sentire nessuna scusa: il governo detassi completamente ogni aumento in busta paga. È urgente adeguare salari e retribuzioni. Va fatto adesso.

02 Maggio 2025

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni, fonte: Lapresse

Hanno suonato, hanno cantato Bella Ciao; Elodie si è messa pure nei panni di Landini (si fa per dire) tenendo il suo comizietto sui diritti; Achille Lauro, che in quanto a cambi d’abito è un maestro di cerimonia, ha fatto presto a passare dal ruolo di testimonial di una multinazionale a bardo del Primo Maggio. Tutto prevedibile, tutto banalmente in linea con questi tempi dove basta dare due canzoni e quattro selfie e la gente è felicemente “impegnata”.

Cosa salvo? Tutto sommato lo sfogo di Big Mama: ha ragione quando afferma che col suo corpo lei ci ha fatto pace e quindi perché cavolo la gente deve rompere i cabbasisi. Non conoscevo i Patagarri ma hanno il sacrosanto diritto di gridare “Palestina Libera” e se la comunità ebraica se la prende perché hanno utilizzato come tema musicale un canto della loro tradizione e quindi la sentono come una usurpazione, Israele cominci a liberare territori non suoi, prima di impartire lezioni su appropriazioni indebite.

In poche parole, il Primo Maggio dei sindacati ha fatto ancora una volta notizia (basta guardare le homepage) per la parte pop, per la festa, come fosse un Festivalbar sotto il cappello di Landini invece che di Salvetti. 

Veniamo al governo. Giorgia Meloni ha prodotto un video in cui rivendica i successi del governo. Meglio che parli lei, della ministra del lavoro, Marina Calderone. Impalpabile. Fa notizia per la sua laurea ottenuta con mille punti… di domanda: se la vedrà con la magistratura. Diciamo che la vicenda, nel suo insieme, fa montare la rabbia quando li sentiamo parlare di meritocrazia. Ci sono ministri, nell’attuale governo, che sembrano più delle belle stuatuine di un presepe che classe dirigente. E questo è e sarà il vero problema di Giorgia Meloni, il cui passo è innegabilmente fuori sincrono rispetto al governo. Lei è brava ma stia attenta al malessere silenzioso degli italiani.

La premier ha tutto il diritto di rivendicare quel che ritiene essere un successo del governo: l’alto tasso di occupazione. Tuttavia se quella occupazione è buona per il mero dato statistico ma non per la vita e l’equilibrio dei cittadini lavoratori, allora quel “successo” provoca rancore. Se sul Corriere della Sera leggiamo Renato Brunetta che filosofeggia sull’occupazione, non è difficile pensare: ma questo è ancora in giro? Nulla di personale contro Brunetta ma contro il fatto che questa gente blocca qualsiasi ricambio. Il CNEL doveva sparire: erano tutti d’accordo soprattutto coloro che rifiutavano la riforma costituzionale di Renzi (che lo eliminava) ma si impegnavano a eliderlo dagli organi di rilevanza costituzionale e pure da tutto il resto. Invece il CNEL c’è ancora, costa sempre di più e il suo presidente Renato Brunetta (con tanto di staff sempre più corposo) è un costo per i cittadini.

Giorgia Meloni, perché il CNEL e Brunetta sono ancora li? Evidentemente perché lui ha una forza contrattuale che ne consente l’eterna giovinezza. Dunque, se il governo garantisce Brunetta, la Calderone, il misterioso Urso, a maggior ragione deve garantire un cambio di passo evidente ai lavoratori italiani e alle imprese che sostengono ancora il blocco lavoro (LE IMPRESE SONO FUORI DAL RADAR DEL GOVERNO!!!!!). E il cambio di passo dev’essere evidente come sono evidenti ancora i “campioni” che il governo mette sul palco. I Brunetta, le Calderone, gli Urso, le Bernini, le Santanché…

Non si può più sentire nessuna scusa: il governo detassi completamente ogni aumento in busta paga. È urgente adeguare salari e retribuzioni. Va fatto adesso.

di Gianluigi Paragone

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