26 Marzo 2025
Paolo Gentiloni (foto Lapresse)
C’è un’aria pesante nei corridoi del Nazareno. Un silenzio teso, interrotto solo dai sussurri nei capannelli tra dirigenti e parlamentari. Elly Schlein lo sa: la sua leadership è sotto attacco. E questa volta, il fuoco amico arriva dall’alto, da quei grandi elettori del Partito Democratico che, pur rimanendo nell’ombra, stanno tessendo una trama che potrebbe cambiare il volto del partito.
Al centro di tutto c’è Paolo Gentiloni. L’ex premier ed ex commissario europeo, rimasto per anni lontano dalle schermaglie interne, ora si muove con discrezione ma determinazione. Il suo obiettivo? Costruire un’alternativa a Schlein e riportare il PD su binari più europeisti e moderati. Non è solo. Accanto a lui, Romano Prodi ed Enrico Letta, due uomini che hanno fatto la storia del centrosinistra e che ora guardano con crescente inquietudine alla segretaria.
Chi conosce i meccanismi del potere sa che certe operazioni non nascono dal nulla. E in questo caso, gli indizi portano dritti a Bruxelles. Secondo fonti accreditate, la stessa Ursula von der Leyen avrebbe dato più di un segnale: il PD deve tornare a essere un interlocutore affidabile per l’Europa, allineato al modello tedesco, dove popolari e socialisti governano insieme.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’astensione del PD sul piano di riarmo europeo da 800 miliardi di euro. Una scelta che a Berlino e a Bruxelles non è piaciuta. Von der Leyen vuole un PD che non si smarchi su temi cruciali, soprattutto ora che l’Europa deve affrontare le sfide geopolitiche più dure degli ultimi decenni.
Ma il vero ago della bilancia è un uomo che, da mesi, ha scelto il silenzio: Dario Franceschini. L’ex ministro, abituato a muoversi con cautela nei momenti di crisi, è il perno su cui ruota l’intera operazione. Da settimane, Gentiloni, Letta e Prodi stanno cercando di convincerlo: serve un segnale, una scossa, un congresso che ribalti la maggioranza e apra la strada a una nuova leadership.
Finora Franceschini ha evitato di esporsi. Non rilascia interviste, non prende posizione. Ma chi lo conosce bene sa che, quando resta in silenzio troppo a lungo, significa che sta aspettando il momento giusto.
Se alla fine decidesse di mollare Schlein e appoggiare Gentiloni, il destino della segretaria sarebbe segnato. Il PD andrebbe incontro a un congresso anticipato, e l’ala moderata potrebbe riprendersi il partito, spostandolo su una linea più centrista e dialogante con il PPE europeo.
Schlein non è ingenua. Sa che qualcosa si sta muovendo, ma per ora non cambia rotta. Continua a puntare su temi identitari, tiene dritta la barra su diritti, ambiente, redistribuzione. Ma basterà?
Nei prossimi mesi, il PD potrebbe ritrovarsi nel pieno di una tempesta perfetta. Da una parte, la segretaria che non intende arretrare. Dall’altra, un’operazione che parte da Roma ma arriva fino a Bruxelles, con il sostegno di figure pesanti della politica italiana ed europea.
Il conto alla rovescia è iniziato. Al Nazareno, nessuno parla apertamente. Ma tutti sanno che il futuro del partito si gioca ora, in queste settimane. E la partita è più aperta che mai. Mentre il Quirinale osserva in silenzio.
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