20 Marzo 2025
Meloni, fonte: imagoeconomica
Nelle stanze del potere, il nervosismo è palpabile. Giorgia Meloni lo sa bene: il vento che soffia da Washington potrebbe trasformarsi in una tempesta capace di scuotere uno dei pilastri su cui ha costruito la sua ascesa politica. I nuovi dazi americani minacciano di colpire duramente il settore vitivinicolo italiano così come tanti altri settori fondamentali per il made in Italy e nelle principali associazioni di categoria il malumore è già diventato fibrillazione.
Nei corridoi di alcune tra le più influenti associazioni, il tono delle conversazioni è cambiato. “Se passa questa linea, sarà un bagno di sangue”, confida un dirigente con voce tesa. Non si tratta solo di numeri, ma di equilibri politici. Alcune di queste associazioni sono state tra le maggiori sostenitrici di Giorgia Meloni nella sua scalata politica ed elettorale, un rapporto cementato da una visione comune sulla difesa del Made in Italy. Ma ora, con le esportazioni a rischio, la fiducia inizia a vacillare.
A Palazzo Chigi il dossier è seguito con estrema attenzione. La preoccupazione è che dietro le quinte si stia muovendo qualcosa di più profondo: Forza Italia, forte delle sue relazioni internazionali e dei contatti con ambienti vicini all’amministrazione americana, osserva da lontano, pronta a farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. “Tajani ha un canale diretto con Washington, se qualcuno può evitare il disastro, è lui”, sussurra un esponente di FI.
Nel frattempo, dai territori arrivano segnali inequivocabili. “Se non si trova una soluzione, la base non capirà”, avverte un dirigente locale di una primaria associazione di categoria. Per Meloni il rischio è evidente: perdere il sostegno di un pezzo chiave del suo elettorato proprio mentre il governo comincia a mostrare le prime vere divisioni interne.
La tensione è destinata a salire. Se alcune associazioni di categoria dovessero davvero spostare il proprio baricentro verso Forza Italia, il centrodestra si ritroverebbe con nuovi equilibri, e Meloni potrebbe scoprire che la fedeltà degli alleati, nel mondo dell’agricoltura come in politica, ha un prezzo che a volte si paga in dazi.
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