10 Febbraio 2025
Mattarella e Meloni (fonte: imagoeconomica)
Le tensioni tra il governo di Giorgia Meloni e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, stanno assumendo contorni sempre più aspri. La frattura, che si è acuita nelle ultime settimane, ha ormai superato il livello di guardia, diventando il simbolo di un conflitto che potrebbe minare l'assetto istituzionale italiano.
Ad acuire la tensione, un episodio che ha colpito l’opinione pubblica: il discorso di Sergio Mattarella a Marsiglia, in cui il presidente ha ribadito con fermezza la necessità di un'Europa unita e solidale, sottolineando l'importanza della cooperazione internazionale. Un messaggio che ha suonato come una critica indiretta alla linea politica del governo Meloni, decisamente più scettico verso l'Europa e le istituzioni internazionali. Ma la vera “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è arrivata poco dopo: mentre Mattarella parlava in Francia, il governo Meloni ha sferrato un attacco frontale alla Corte Penale Internazionale (CPI), accusata delle peggiori nefandezze ("orrori"). Un affronto che al Colle non è passato inosservato.
Se si guarda da vicino, il conflitto che si sta consumando ormai da mesi tra il Quirinale e Palazzo Chigi ha radici profonde. La distanza tra le visioni di Mattarella e Meloni è ormai evidente: da una parte il presidente, garante dell’equilibrio istituzionale e custode della Costituzione, dall’altra una premier decisa a rafforzare la sovranità nazionale e a sfidare l’ordine europeo e internazionale che non risponde agli interessi italiani.
In queste ore, non è più una mera divergenza politica. Il sottobosco della politica italiana sussurra che Mattarella potrebbe essere percepito dal governo Meloni come un ostacolo troppo grande. Ma soprattutto non più super partes. I sovranisti, infatti, vedono nel presidente della Repubblica l’ultimo baluardo contro il rafforzamento del potere esecutivo e il pieno controllo del paese. La magistratura, i media, e le istituzioni del Deep state, che molti esponenti della destra considerano alleati della vecchia élite, sono visti come le ultime fortificazioni da conquistare.
Un retroscena che circola tra i corridoi del potere è che, in caso di un acuirsi della tensione istituzionale, il presidente potrebbe essere costretto a prendere una decisione difficile: lasciare prima della scadenza naturale del settennato. Il rischio, per Mattarella, è quello di perdere legittimità agli occhi di una parte crescente della politica italiana che lo vede come un ostacolo all’agenda del governo Meloni.
D'altronde, se Sergio Mattarella lasciasse il Quirinale prima della fine del suo secondo mandato, la strada per Giorgia Meloni si farebbe decisamente più semplice. La premier, infatti, potrebbe avere mano libera per attuare un’agenda ancora più radicale, cambiando anche l'assetto del sistema giudiziario e consolidando il proprio potere, ormai saldamente in mano a una coalizione che non teme più gli ostacoli e i controlli costituzionali.
Sottotraccia, alcuni esponenti del governo non nascondono l’ambizione di rafforzare il proprio predominio su ogni istituzione del paese, e un cambiamento al Quirinale potrebbe essere visto come una necessità per ottenere il controllo definitivo. In un’Italia che si divide sempre di più tra chi sostiene la linea di Meloni e chi, invece, resta fedele agli ideali costituzionali, il ruolo del presidente della Repubblica potrebbe diventare il punto di rottura definitivo.
Se il conflitto (a volte latente altre volte palese) tra il governo e il Quirinale non dovesse trovare una mediazione, l'Italia potrebbe trovarsi di fronte a una fase istituzionale senza precedenti, in cui la tenuta della democrazia e dell’equilibrio tra i poteri rischiano di essere messi alla prova come mai prima d’ora.
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