30 Giugno 2023
"Ormai siamo diventati la piccola Ungheria": questa è la battuta meno cattiva che circolava stamattina a Bruxelles quando si è appreso che la Premier Giorgia Meloni aveva chiesto di vedere i leader di Polonia e per l'appunto Ungheria per cercare di convincerli sul tema immigrazione senza però minimamente riuscirci. Insomma, checché ne dica la macchina della propaganda meloniana, la leader della Garbatella è uscita con le ossa rotte dal vertice di Bruxelles e proprio per colpa dei paesi più amici. Matteo Salvini, furbescamente, sta in silenzio e gode, nemmeno una parola di difesa o di sostegno a favore dall' amica Giorgia (che comunque con tutti i ministeri che gli ha concesso, a scapito della Forza Italia di Silvio Berlusconi, gli ha letteralmente salvato la segreteria dopo il flop elettorale).
Il punto, ragionano gli spin doctor della Meloni, è cosa fare ora: andare allo scontro frontale con l'Europa oppure fare buon viso a cattivo gioco? Matarrella scruta interessato ma chi lo conosce bene giura che sia tutt'altro che d'accordo con la piega che stanno prendendo le cose nel bel Paese: il PNRR è a rischio, il Mes è a rischio, l'Italia è uscita dal gruppo di testa dove siedeva ai tempi di Draghi insieme a Francia e Germania. Persino Polonia e Ungheria ci dicono di no con tanto di sberleffo finale: "auguro buona fortuna a Giorgia Meloni" ha detto il premier polacco. Ecco perché si comincia a parlare dell'Italia come di una piccola Ungheria. "Ma almeno Orban sapeva farsi rispettare", l'acida battuta. Certo è che di questo passo il governo Meloni non andrà molto lontano (senza investimenti il paese nei prossimi mesi rischia lo stallo; non per niente Confindustria sta già mandando inequivocabili messaggi d'allarme a palazzo Chigi) e ben presto lungo l'asse Roma Bruxelles Washington si comincerà a ragionare di governo salvezza nazionale, soprattutto se la guerra in Ucraina dovesse fermarsi. Il che aprirebbe un ventaglio di ipotesi. La blindatura operata da Palazzo Chigi sui gangli vitali dello stato nel corso degli ultimi mesi potrebbe non bastare ad evitare di far affrondare la barca. I nomi dei quattro pretendenti per guidare un governo di salvezza nazionale già sono in pista: Draghi, Tajani, Gentiloni (non a caso messo nel mirino recentemente dalla premier) e ultimo ma non ultimo Panetta. Tutto dipenderà dai risultati delle prossime elezioni europee.
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