07 Giugno 2023
Questura di Verona - foto @LaPresse
Continua a tremare la Questura di Verona. I nomi di altri 17 agenti sono finiti nel registro degli indagati, dopo l’arresto di 5 poliziotti accusati a vario titolo di tortura, maltrattamenti e peculato. Nei loro confronti la Procura della Repubblica scaligera ha avanzato al gip Livia Magri l'applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d'ufficio.
Una storia di violenza e maltrattamenti ai danni di immigrati e senza tetto, aggravata – secondo quanto sostenuto dagli organi inquirenti – dall’odio razziale. Accuse pesantissime nei confronti dei poliziotti, come quella di tortura.
Ed è proprio sul reato di tortura che la sinistra rilancia ancora una volta chiedendo di non abrogarlo, tornando anche a parlare di numeri identificativi per le forze dell’ordine.
“Vivere in uno Stato di diritto significa osservare regole e leggi: nessuno è al di sopra, meno che mai chi indossa una divisa. Il sopruso dell'orrenda vicenda accaduta nella questura di Verona non solo mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni ma minaccia ciò che di più prezioso abbiamo: la nostra umanità, la civiltà del trattamento che deve essere riservato a chi è nelle mani dello Stato. Come si fa a pensare di abrogare il reato di tortura quando accade tutto questo?” ha scritto sui social la deputata del PD Alessandra Moretti.
Le fa eco la collega dem Debora Serracchiani che chiede lumi con una interrogazione al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
"Il ministro dell'Interno, nel rispetto dell'azione della magistratura, deve intervenire per far luce sui fatti di una gravità inaudita accaduti a Verona. Se questi fossero confermati, avremmo indagati colpevoli di avere tradito la propria funzione e il rapporto fra cittadino e forze dell'ordine" ha detto la Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd, che ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno sottoscritta da molti deputati e deputate Pd.
Sulla questione è intervenuta anche Amnesty International per voce di Riccardo Noury, delegato per l’Italia, che, nella sua rubrica sul sito Articolo21 ha fatto un’analogia con i fatti di Bolzaneto nella caserma Diaz.
"A coloro che, in parlamento e nel governo, spingono per una revisione delle norme in materia di tortura con l'obiettivo, neanche mascherato, di abolirle, la cronaca dà contro. Sembra di essere tornati alla caserma di Bolzaneto, 22 anni fa. Agli indagati si contestano comportamenti 'gravemente lesivi della dignità delle persone'. Una formula giuridicamente corretta ma che proviamo a tradurre così: uso di persone come strofinacci per asciugare la propria urina, vanterie sui pugni assestati sul volto di persone inermi, competizioni a chi picchiava di più. Nel 2001, in Italia, c'era chi sosteneva la necessità di una norma sulla tortura: non per vietarla, ma per regolamentarla, in risposta alle sfide senza precedenti del periodo post-11 settembre. Ventidue anni dopo, da Verona arriva la conferma che la tortura serve non a scopo di sicurezza - non è mai servita né servirà mai - ma solo per esibire potere su coloro che ne sono privi. È un'espressione di odio, nascosta dietro una divisa. È un mezzo per annientare e umiliare. Quello che è accaduto a Verona, dunque, ci insegna due lezioni: il reato di tortura deve restare in vigore per punire chi si macchia di uno dei più gravi crimini internazionali, ma anche per tutelare la maggior parte degli operatori delle forze di polizia, compresi coloro che hanno contribuito agli sviluppi dell'indagine in corso. Non ci sono solo "mele marce" ma Verona dimostra che non c'è, almeno ancora, un 'sistema marcio'", ha concluso Noury.
"I fatti su cui si indaga a Verona sono gravissimi, e i particolari agghiaccianti emersi nelle ultime ore hanno scosso l'opinione pubblica. Per questo, al di là delle responsabilità individuali che saranno accertate dalle sentenze di merito, riteniamo necessario che il ministro dell'Interno Piantedosi venga al più presto in Aula a riferire" ha scritto in una nota di Azione-Italia Viva Ivan Scalfarotto.
"La fiducia nelle forze dell'ordine e nella Polizia - aggiunge - resta intatta, così come l'apprezzamento per il difficile lavoro che gli agenti svolgono ogni giorno: garantire la sicurezza dei cittadini. Un plauso anche per il modo in cui i colleghi degli agenti accusati di questi gravi abusi hanno agito, mettendoli essi stessi sotto inchiesta. Proprio per tutelare la professionalità e la correttezza della stragrande maggioranza delle donne e degli uomini delle forze dell'ordine, chiediamo al ministro Piantedosi di informare il Parlamento e il paese sui risvolti della vicenda".
Sul reato di tortura spinge anche il sindacato CGIL. Le segretarie confederali Daniela Barbaresi e Lara Ghighiglione, in una nota congiunta hanno dichiarato che "Quanto accaduto in Questura a Verona è molto grave, e ci auguriamo che la giustizia possa velocemente portare a termine il suo corso. Questa vicenda dimostra che aver introdotto il reato di tortura nel nostro ordinamento è segno intangibile di civiltà e democrazia e come tale va assolutamente mantenuto".
Un altro cavallo di battaglia della sinistra, in tema di presunti abusi da parte delle forze dell’ordine, è quello dei numeri identificativi che, insieme al reato di tortura, torna nel dibattito in seguito ai fatti di Verona. A chiederne l’introduzione è il deputato Aboubakar Sohumahoro: “Le presunte violenze e vessazioni da parte di alcuni agenti nei confronti di persone fermate per normali controlli, per lo più fragili, migranti, tossici e senza tetto, se confermate, sarebbero estremamente gravi, soprattutto perché evidenziano il rischio di una deriva d'odio razziale. Quello che emerge dall’inchiesta di Verona, la crudeltà e la ferocia degli abusi, delle violenze e delle torture, richiede l'adozione immediata di misure preventive, come l'introduzione di bodycam e numeri identificativi individuali su divise e caschi durante gli interventi. Questo aiuterebbe ad individuare chi sbaglia e a tutelare i tanti che operano nella legalità”.
"Mi pare che non vi sia alcuna proposta all’esame delle Commissioni o prevista per il calendario d’Aula che voglia modificare il reato di tortura. Io penso che il reato di tortura andrebbe meglio circoscritto, probabilmente evitiamo che la Cassazione debba poi continuamente correggere le sentenze". Così di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati, ai microfoni di Agorà Rai Tre.
Lo stesso ha poi aggiunto in merito alla vicenda dei poliziotti arrestati: "Lo Stato c'è e la Polizia di Stato ha dimostrato grandissima serietà. L'indagine sui fatti di Verona la Procura l'ha assegnata alla Polizia di Stato. Se vi sono alcune persone che vestendo una divisa non la onorano, ci sono migliaia di persone che vestendo quella divisa la onorano".
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