30 Agosto 2022
Roma è meglio. È vista come una promozione politica, una consacrazione amministrativa, una meta finale in un percorso politico da vincente di successo. Ah, il Parlamento. Quel luogo sacro in cui si fanno le leggi, quel santuario laico in cui si decide il futuro del Paese, quel tempio istituzionale in cui a volte si dorme e si gioca con l’iPad, ma solo se non c’è proprio niente di meglio da fare. Va bene anche la Regione, certo. Però vuoi mettere. Deputato. Senatore. Il fascino di Montecitorio è irresistibile anche per 33 assessori regionali (la maggioranza in quota centrodestra) che sono pronti a lasciare la loro carica a metà mandato per un seggio nella Santa sede parlamentare.
Le giunte delle Regioni hanno rilevanza, rappresentanza, importanza. Però c’è quel però. La capitale. La somma aula. Camera e Senato. Via, allora. Via dall’esecutivo regionale per tentare il grande salto tra stipendi ancora più lauti, vitalizi ancora più remunerativi, indennizzi ancora più sostanziosi. Spettanze romane. Il record, con cinque candidature per altrettanti rappresentanti di giunta, appartiene a Lombardia e Liguria. Seguono Marche e Puglia con quattro, poi le altre regioni con uno o due candidati. In Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige non c’è n’è neppure uno. Si vede che lì, tra montagne, aria pura e cinghiali (ma quelli ci sono anche a Roma) stanno benone. Secondo i calcoli del Fatto quotidiano, la maggioranza degli assessori regionali in campo per le elezioni politiche otterrà il posto fisso in Parlamento, obbligando i governatori di riferimento a rimpasti d’emergenza per colmare le lacune dei partenti destinazione Roma.
Qualche nome: nella giunta del leghista Attilio Fontana, in Lombardia, gli assessori regionali che tenteranno di approdare in Parlamento sono Riccardo De Corato (Sicurezza), Melania Rizzoli (Istruzione), Fabrizio Sala (Lavoro), Raffaele Cattaneo (Ambiente) e Lara Magoni (Turismo). In Liguria il governatore Giovanni Toti potrebbe fare a meno di Alessandro Piana (Agricoltura, Caccia e Pesca), Gianni Berrino (Lavoro), Ilaria Cavo (Istruzione), Marco Scajola (Edilizia) e Simona Ferro (Sport). Michele Emiliano, in Puglia, potrebbe essere costretto a sostituire Raffaele Piemontese (Bilancio), Anna Maurodinoia (Trasporti), Anna Grazia Maraschio (Ambiente) e Sebastiano Leo (Formazione e Lavoro). Non tutti ce la faranno. Ma la maggior parte di loro ha una buona probabilità salutare la Regione e di partire per Roma. E per i posti vacanti in giunta, be’, ci penseranno i poveri presidenti. Ah, a proposito: non ci sono solo gli assessori ad abbandonare la Regione nel bel mezzo del mandato per provare il brivido del bicameralismo perfetto. C’è un governatore che se fosse eletto dovrebbe dimettersi facendo decadere la giunta e il Consiglio regionale con sei mesi di anticipo sulla scadenza del mandato. È un importante esponente del Pd e presiede la Regione Lazio. Sì, è Nicola Zingaretti. Lui, per andare a Roma, dovrebbe fare poca strada.
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