05 Agosto 2022
Fonte: LaPresse
Stai a vedere che il vero rottamatore è Enrico Letta. L’attuale segretario del Pd è riuscito dove Matteo Renzi aveva fallito: scrollarsi di dosso quella scomoda eredità del Pci che ha accompagnato prima il Pds e poi i Ds. Stringendo un accordo elettorale con Carlo Calenda, che pone il veto sulla sinistra radicale in coalizione, Letta ha portato il Partito democratico in una nuova dimensione: quella di uno schieramento che ha rotto una volta per tutte con la falce e il martello.
Gli anni di Antonio Gramsci e di Palmiro Togliatti, del resto, sono finiti da un pezzo. La sinistra, nel tempo, si è allontanata dalle fabbriche, dagli operai, dalle periferie e da quel tessuto sociale che formava la base del suo elettorato. Già con l’avvento del camper di Renzi, il Pd, l’ultimo discendente alla lontana del Pci, era diventato un partito ibrido, più elitario che proletario, di molto centro e di poca sinistra, a volte quasi destra.
Non è un caso che l’ex sindaco di Firenze, appena raggiunti i vertici del Nazareno, abbia epurato dall’area dem gli ultimi ex Ds come Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema, gente che bene o male girava ancora con l’Unità in tasca. Non è un caso che Silvio Berlusconi, oggi, voglia inglobare Renzi nel centrodestra. Forza Italia Viva.
Letta, l’anti-renziano per eccellenza, ha completato l’opera iniziata da quel senatore semplice che considera ai suoi atipodi. Aprendo a Calenda, che a sua volta chiude a Sinistra italiana e ai Verdi, ultimi sostenitori di una bandiera rossa ormai sbiadita, il capo dei dem ha dato inizio a una nuova fase: quella del Pd inteso come Pd e non come successore del Pci. I tempi cambiano. La politica, nel bene o nel male, si evolve. E a Botteghe Oscure, oggi, c’è un hotel di lusso.
Di Filippo Merli
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