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Grillo silura Di Maio: il doppio mandato non si tocca. Ora il M5s rischia davvero la scissione

Il padre fondatore del Movimento ha ribadito che la regola del doppio mandato è una legge fondativa e morale che non può essere modificata. Conte gode, Di Maio ora trama l'exit strategy

16 Febbraio 2022

Beppe Grillo

Beppe Grillo (foto LaPresse)

A Luigi Di Maio non resta che la candidatura in Europa oppure in una regione. O almeno, questa sarebbe la sua sorte ascoltando quanto dicono Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Sì, perché per il padre fondatore del Movimento Cinque Stelle il vincolo del doppio mandato resta. Con nessuna deroga. Unica concessione da valutare, la possibilità di candidarsi ad altri livelli istituzionali, ovvero europee e regionali per chi "ha già dato" in Parlamento. Un tema sul quale è attivissimo il ministro degli Esteri, che mira ovviamente a un terzo mandato nel prossimo futuro dopo le elezioni del 2023. Ma con il no del garante, Di Maio (che il pasionario Di Battista descrive ora come "un uomo di potere") non si potrà ricandidare. A meno che, ovviamente, non lasci il M5s.

Che cosa c'è dietro la sfida interna al M5s sul terzo mandato

Ma i 5 Stelle della vecchia guardia non si danno ancora per vinti e continuano a lavorare ai fianchi, dopo essersi illusi di vedere arrivare una deroga che 'salvasse' quanto meno le competenze di chi ha avuto incarichi di governo o istituzionali di alto profilo: su 67 eletti con due mandati alle spalle, circa uno su due tra ex ministri, sottosegretari e presidenti di commissione avrebbe avuto quanto meno una chance di restare a Roma. 

La vicenda non è piccola, ma anzi ha dei riflessi di ampia portata in un momento nel quale si gioca una sfida a tutto campo tra Di Maio e Conte. Quest'ultimo, non a caso, esulta per la tenuta di Grillo sul punto del doppio mandato. Beppe Grillo "ha già detto in più occasioni che per lui la regola del doppio mandato è una regola fondativa del Movimento 5 Stelle. Anche su questo, l'ho detto: ci confronteremo, la nostra è una comunità di teste pensanti che si confronta e ovviamente la posizione del garante avrà un grande rilievo in questa valutazione interna", ha detto Conte. "Il principio ispiratore di questa regola ha un valore identitario per il Movimento - aggiunge - La politica non è una professione, è un servizio, una vocazione. E perché lo sia deve essere necessariamente temporaneo, altrimenti è un mestiere e questo non lo vogliamo", aggiunge.

M5s, lo spettro della scissione

La narrazione interna al M5s, lato contiano e grillino, appare chiara: far passare Di Maio come un poltronaro, tutto quello cioè che il M5s detestava. Una posizione nella quale il ministro non vuole restare. Se davvero sarà tutti contro tutti l'ipotesi di una scissione, di cui si è già parlato nelle ultime settimane, potrebbe prendere quota. E a seguire Di Maio potrebbero essere molte figure di primo piano del M5s della prima ora che resterebbero escluse come lui dal terzo mandato. Per esempio Battelli, Castelli, Dadone, D'Incà. E altri. La partita è appena iniziata.

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