25 Febbraio 2021
Stefano Bonaccini (foto laPresse)
Sembra sempre più incerto il futuro di Zingaretti a capo della segreteria del Pd: a dirlo sono voci sempre più insistenti che raccontano di molti, nel partito, ad essere stanchi della linea politica dell’attuale numero uno, accusato da moti di essersi legato troppo alla figura di Conte ed al rapporto con il M5S. Che i dem siano confusi ed alla ricerca di una guida più solida è sempre più evidente: quello che manca oggi al Pd è una linea politica forte e definita. Il legame con l’avvocato del popolo, come quello con i grillini, all’ordine di “fermiamo le destre” non è bastata a raccogliere consensi elettorali, anzi, probabilmente il contrario. Il centro sinistra, rappresentato oggi dal Partito Democratico, è oggi una forza ibrida, esautorata dal rappresentare ceti sociali una volta bacino elettorale, legata ai consueti cavalli di battaglia dei democratici, quali parità di genere e ius soli, ad esempio, e poco più.
Zingaretti, giustamente, ora si è ritrovato sotto accusa: manca del carisma e della lucidità per disegnare un futuro. Si parla, quindi, di congresso che potrebbe essere anticipato anche se, come ovvio, l’attuale segretario dem non sembra avere troppa fretta.
La domanda sorge spontanea: chi sarà il successore di Zingaretti? Alla ricerca di un uomo di maggiore carisma il Pd sembra guardare al presidente della regione Emilia Romagna, uno dei democratici che più sta attirando consensi e tra i governatori tra i più apprezzati, forse secondo solo al leghista Luca Zaia, “doge” del Veneto. Bonaccini che ha conquistato la regione “rossa” per eccellenza sventolando il proprio salvinismo, sembra l’uomo giusto per personalità e capacità per rilanciare un centro sinistra in piena crisi di identità. Il governatore dell’Emilia, tuttavia, non si è limitato a quello e con le proprie capacità è riuscito a radicare il proprio consenso
Dal canto suo Zingaretti non vuole tornare alla vecchio comunismo, ma aspira una sinistra forte dell’appoggio grillino, moderato come Conte ma targato Pd. Un’ossessione per l’avvocato del popolo che sta indispettendo molti all’interno del partito.
Lo ha fatto intuire il sindaco di Bergamo Giorgio Gori in una intervista a La Stampa: “Indicare Giuseppe Conte come leader dello schieramento è una manifestazione di debolezza, così come il costante, ossessivo insistere sull'alleanza con 5 Stelle e Leu. Io credo si debba partire dal Pd, dai nostri valori, dalla nostra visione di società, dalle istanze che vogliamo rappresentare”. Per molti suoi compagni di squadra Gori viene accusato di sbagliare, in particolare proprio dalla corrente “zingarettiana”, stregata dall’abbraccio con i 5stelle, ed ancora trainata dall’ossessione per Salvini e dalla volontà di restare al Governo qualsiasi cosa succeda. Oltre alla questione segretario il Pd, al prossimo congresso, dovrà affrontare la così detta “questione femminile”. L’impressione è che Zingaretti abbia, comunque, i giorni contati.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia