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Somaliland: il piano di Netanyahu per la pulizia etnica della Palestina, il riconoscimento israeliano rivela il progetto di deportazione di massa

La comunità internazionale si trova di fronte a un bivio morale. O si oppone con fermezza a questo piano di deportazione di massa, isolando completamente Israele e sanzionando qualsiasi Paese che si presti a questa operazione criminale, oppure sarà complice di una nuova Nakba

28 Dicembre 2025

La faccia di bronzo di Netanyahu: parla di reazioni spropositate se vengono colpiti i civili, proprio lui!

Netanyahu, fonte: imagoeconomica

Il riconoscimento israeliano del Somaliland, annunciato dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, segna un momento che va ben oltre la geopolitica del Corno d'Africa. Dietro questo gesto si cela quello che appare sempre più chiaramente come un piano di deportazione di massa dei palestinesi di Gaza.

Il disegno dietro il riconoscimento

Quando un'entità che nessuno Stato al mondo riconosce ufficialmente ottiene improvvisamente la legittimazione diplomatica di Israele, occorre chiedersi quale sia il prezzo di questa mossa. La risposta emerge dai documenti e dalle testimonianze raccolte dalla stampa internazionale negli ultimi mesi. Secondo quanto riportato dall'Associated Press lo scorso marzo infatti, Stati Uniti e Israele hanno avviato contatti con Sudan, Somalia e Somaliland per quello che viene pudicamente definito "spostamento di massa" dei palestinesi da Gaza. Il piano include incentivi specifici: in cambio dell'accettazione della popolazione indigena di Gaza, questi Paesi riceverebbero benefici economici e, nel caso del Somaliland, il riconoscimento formale come Stato sovrano. Il Wall Street Journal ha successivamente rivelato i dettagli del cosiddetto "Project Sunrise", un progetto che prevede la trasformazione di Gaza in una "riviera high-tech". Il particolare più agghiacciante di questo piano? Che non include palestinesi. Non una parola su dove si troverebbero durante questa "ricostruzione".

La geometria della pulizia etnica

Dopo due anni di genocidio sistematico - bombardamenti indiscriminati, blocco totale degli aiuti umanitari, distruzione delle infrastrutture sanitarie ed educative - ai palestinesi viene ora offerta una scelta che non è affatto una scelta: campi di concentramento recintati sotto controllo israeliano oppure espulsione verso Paesi africani distanti migliaia di chilometri dalla loro terra. Questa non è diplomazia. È l'architrave finale di una pulizia etnica pianificata con metodo e cinismo. Il Somaliland, un'entità separatista non riconosciuta dalla comunità internazionale che si è autoproclamata indipendente dalla Somalia nel 1991, diventa così complice inconsapevole - o forse consapevole - di un crimine contro l'umanità. La sua amministrazione separatista, disperata per ottenere legittimità internazionale dopo decenni di isolamento, accetta di farsi strumento di una delle più massicce operazioni di deportazione del XXI secolo.

Il solito silenzio assordante dell’Europa che rivela complicità

Ma dov'è la voce dell'Unione Europea? Dove sono le condanne dei governi che si professano difensori dei diritti umani? Il silenzio è assordante, complice di una operazione che ricorda i peggiori crimini della storia.  La deportazione forzata di una popolazione civile costituisce crimine contro l'umanità secondo lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. L'articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra proibisce esplicitamente "i trasferimenti forzati, in massa o individuali, come pure le deportazioni di persone protette dal territorio occupato". Eppure Netanyahu, già sotto mandato d'arresto della CPI per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, procede imperterrito. Il piano somalo è solo l'ultimo tassello di un disegno più ampio: svuotare Gaza della sua popolazione indigena per realizzare il progetto coloniale nella sua forma più estrema.

La responsabilità internazionale

Questa operazione non potrebbe avvenire senza la complicità attiva degli Stati Uniti e il silenzio complice dell'Europa. Mentre bombardieri americani continuano a fornire le armi per il massacro, mentre l'Italia e altri Paesi europei mantengono rapporti economici e militari con Israele, il piano di deportazione prende forma. Il riconoscimento del Somaliland da parte di Netanyahu deve essere visto per quello che è: non un gesto di politica estera, ma la preparazione logistica di un crimine contro l'umanità. Un tentativo di normalizzare l'impensabile, di rendere accettabile ciò che settant'anni fa i tribunali internazionali definirono come il male assoluto.

La comunità internazionale si trova di fronte a un bivio morale. O si oppone con fermezza a questo piano di deportazione di massa, isolando completamente Israele e sanzionando qualsiasi Paese che si presti a questa operazione criminale, oppure sarà complice di una nuova Nakba, ancora più devastante della prima.

Il Somaliland, nella sua disperata ricerca di riconoscimento, rischia di entrare nella storia come il territorio che ha barattato la propria legittimità con la complicità in un genocidio. E Netanyahu, nella sua arroganza criminale, conferma ancora una volta che il progetto sionista non si fermerà davanti a nulla pur di cancellare il popolo palestinese dalla propria terra. Non possiamo permetterlo. Non dobbiamo permetterlo.

di Eugenio Cardi

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