"Gaza Riviera", piano di ricostruzione post-bellica della Striscia creato da BCG per volontà di Trump e dei creatori israeliani della GHF
Dal monopolio degli aiuti al progetto “Gaza Riviera”: stessi attori, stessi investitori e la BCG dietro un piano di deportazione e cancellazione dei palestinesi
Nuovo scandalo, anche se non inaspettato, per la società di consulenza strategica americana Boston Consulting Group. Alcuni documenti trapelati hanno infatti evidenziato come sia non solo la creatrice operativa della Gaza Humanitarian Foundation, ormai riconosciuta da tutto il mondo come una vera e propria macchina di morte di palestinesi con la scusa della distribuzione degli aiuti umanitari, ma anche la madre del piano "Gaza Riviera", o meglio, "Great Trust".
Il progetto per la ricostruzione della Striscia in uno scenario post-bellico è stato infatti progettato dalla BCG sotto indicazione del presidente americano Donald Trump e degli investitori (nonché primi creatori) israeliani e americani della GHF. Uno scandalo, sì, ma che non desta alcuna sorpresa: appare sempre più chiaro lo scopo di annientare la popolazione palestinese per potersi impadronire della loro terra, per poi capitalizzarla.
"Gaza Riviera", piano di ricostruzione post-bellica della Striscia creato da BCG per volontà di Trump e dei creatori israeliani della GHF
Dietro il piano denominato “Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust” ("Great Trust") si muovono le stesse mani che hanno dato vita alla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), la controversa organizzazione che oggi distribuisce cibo (o meglio, non lo distribuisce) nella Striscia sotto controllo israeliano e statunitense. Se da un lato la GHF si presenta come strumento umanitario, dall’altro i suoi ideatori e finanziatori — manager israeliani, investitori Usa e la Boston Consulting Group (BCG) — sono gli stessi che hanno redatto il documento di 38 pagine sul futuro della Striscia. Un futuro che, secondo il piano, non prevede più i palestinesi.
Il legame è evidente: stessi attori, stessi interessi, stesso approccio. La GHF, accusata di monopolizzare gli aiuti alimentari, ha creato dipendenza e ricattabilità tra la popolazione. Ora, con il "Great Trust", gli stessi promotori propongono di spopolare Gaza attraverso incentivi economici all’esodo (5mila dollari per chi lascia), deportazioni di massa e il trasferimento dei diritti di proprietà in “token digitali”. Il progetto, già in fase di discussione alla Casa Bianca con Donald Trump, Jared Kushner e Tony Blair, si inserisce in un disegno più ampio di sostituzione demografica e colonizzazione economica.
Secondo i documenti, Gaza dovrebbe trasformarsi nella “Riviera del Medio Oriente”, un polo tecnologico destinato a ospitare colossi come Amazon e Tesla, sotto controllo diretto degli Stati Uniti per almeno dieci anni. A rafforzare il piano, il coinvolgimento dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti per infrastrutture colossali, dalle autostrade Mbs e Mbz a nuove “città intelligenti”. Ma dietro la retorica di sviluppo si nasconde un obiettivo dichiarato: la cancellazione del popolo palestinese dalla propria terra.
La continuità tra GHF e Great Trust rivela la natura di un’operazione che non ha nulla di umanitario: dal cibo controllato agli incentivi per l’esodo, dal monopolio sugli aiuti alla costruzione di una colonia hi-tech americana, il fine ultimo è la sostituzione dei palestinesi con interessi finanziari e geopolitici.