Egitto, al via addestramento di 10mila palestinesi per “costruire nuova forza di sicurezza nella Striscia nel dopoguerra”, costi coperti da comunità internazionale

La maggior parte dei futuri membri proverrebbe dagli apparati di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) in Cisgiordania, controllata dal partito nazionalista laico Fatah, rivale di Hamas. I costi sarebbero coperti dalla comunità internazionale, mentre un primo contingente di circa 5mila uomini dovrebbe essere inviato in Egitto già al primo giorno di un eventuale cessate il fuoco

L’Egitto ha avviato un programma di addestramento militare rivolto a migliaia di palestinesi, con l’obiettivo di costituire una nuova forza di sicurezza destinata a operare nella Striscia di Gaza una volta concluso il conflitto. A rivelarlo è un’inchiesta del Wall Street Journal, secondo cui il progetto, finanziato dalla comunità internazionale, punta a formare fino a 10mila uomini presso le accademie militari egiziane. L’iniziativa si inserisce nel più ampio piano sostenuto da diversi Paesi arabi, che immaginano un futuro di Gaza senza Hamas.

Egitto, al via addestramento di 10mila palestinesi per “costruire nuova forza di sicurezza nella Striscia nel dopoguerra”, costi coperti da comunità internazionale

Secondo le informazioni raccolte dal quotidiano americano, la maggior parte dei futuri membri proverrebbe dagli apparati di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) in Cisgiordania, controllata dal partito nazionalista laico Fatah, rivale di Hamas. I costi sarebbero coperti dalla comunità internazionale, mentre un primo contingente di circa 5mila uomini dovrebbe essere inviato in Egitto già al primo giorno di un eventuale cessate il fuoco, per un addestramento di 6 mesi.

La prospettiva di una Gazapost-Hamasviene sostenuta da una fetta crescente del mondo arabo. Già a luglio la Lega Araba, composta da 22 Paesi membri, aveva chiesto per la prima volta al movimento islamista di deporre le armi e porre fine al proprio controllo sulla Striscia. Mahmoud al-Habbash, consigliere del presidente palestinese Mahmoud Abbas, ha ribadito: "Senza l'Autorità palestinese, è Hamas o il caos".

Nonostante ciò, l’Anp continua a essere attraversata da una grave crisi di legittimità. Accuse di corruzione e di collaborazionismo con Israele alimentano un malcontento diffuso, mentre un sondaggio condotto dal noto analista Khalil Shikaki ha rivelato che l’81% dei palestinesi auspica le dimissioni di Abbas.

Sul fronte israeliano, il governo Netanyahu si oppone fermamente all’ipotesi di affidare a Ramallah il controllo di Gaza. Lo stesso premier ha definito l’Anp “sostenitrice del terrorismo”, rimarcando come per Tel Aviv le differenze con Hamas siano minime. L’obiettivo dichiarato di Israele rimane quello di mantenere il pieno controllo sulla Striscia, delegando eventualmente la sicurezza locale a figure indipendenti sia da Hamas che dall’Anp.

Dal canto suo, Hamas respinge l’idea di una forza internazionale sostenuta dai Paesi arabi, giudicandola “né fattibile né praticabile”, e rivendica il proprio ruolo di unico interlocutore armato nella Striscia. Nonostante le gravi perdite subite dopo 22 mesi di guerra – compresa la morte del leader Yahya Sinwar, ritenuto la mente dell’attacco del 7 ottobre – il movimento manterrebbe ancora circa 20mila combattenti, molti dei quali reclutati di recente e con scarsa esperienza.

Intanto, la popolazione civile di Gaza continua a pagare il prezzo più alto visto il genocidio in corso. Fame e mancanza di aiuti umanitari aggravano una crisi già devastante, dato che Israele ostacola deliberatamente l’ingresso dei convogli di soccorso. Diversi esperti delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno espresso forte preoccupazione per le denunce di “sparizioni forzate” di palestinesi in cerca di cibo nei centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation. Secondo gli esperti, l’esercito israeliano sarebbe “direttamente coinvolto nelle sparizioni forzate di persone in cerca di aiuto”.