Gaza, anche la Russia condanna il piano israeliano di occupazione della Striscia: "Aggraverà la catastrofe umanitaria già in corso"

La Russia condanna il piano israeliano per Gaza: "Aggraverà la catastrofe umanitaria". Mosca si unisce al coro di proteste internazionali contro la decisione di Netanyahu di occupare totalmente la Striscia

Un no secco da Mosca al piano Netanyahu: la Russia ha espresso una ferma condanna al piano approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano per l'occupazione totale della Striscia di Gaza. Il Ministero degli Esteri russo, in una nota ufficiale diffusa nelle scorse ore, ha definito la decisione di Israele di espandere l'operazione militare a Gaza come una mossa che "aggraverà la catastrofe umanitaria" già in corso nell'enclave palestinese. "Questo complicherà significativamente gli sforzi internazionali per una descalation della zona di conflitto, con gravi conseguenze negative per l'intera regione del Medio Oriente", ha dichiarato il Ministero degli Esteri russo, riferendosi al piano di Netanyahu che prevede l'evacuazione forzata di oltre un milione di palestinesi entro il 7 ottobre, secondo anniversario dell'attacco di Hamas.

Il coro internazionale di condanne

La posizione russa si inserisce in un ampio fronte di opposizione internazionale al piano israeliano. Dopo la Germania, che ha annunciato la sospensione delle forniture di armi a Israele, e l'Arabia Saudita, che ha definito la decisione israeliana "una palese violazione del diritto internazionale", anche Mosca ha alzato la voce contro quella che molti osservatori considerano una strategia di pulizia etnica.

L'Unione Europea, attraverso la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ha definito "intollerabile" la situazione a Gaza, mentre il segretario generale dell'ONU António Guterres ha condannato "l'orrore" nella Striscia. Persino il Regno Unito ha minacciato nuove sanzioni contro Israele in caso di rifiuto del cessate il fuoco.

La complessa diplomazia russa in Medio Oriente

La condanna russa del piano Netanyahu rappresenta un delicato bilanciamento degli interessi geopolitici di Mosca in una regione strategicamente cruciale. La Russia mantiene da anni rapporti complessi sia con Israele che con il mondo arabo, dovendo gestire una popolazione interna di circa 20 milioni di musulmani e, al contempo, forti legami economici e militari con Tel Aviv.

Come evidenziato dagli analisti, Putin ha tradizionalmente evitato di prendere posizioni troppo nette nel conflitto israelo-palestinese, preferendo mantenere canali aperti con tutte le parti. Tuttavia, la gravità della situazione attuale e la pressione internazionale sembrano aver spinto Mosca a una posizione più critica verso le azioni israeliane.

Il contesto geopolitico più ampio

La posizione russa si inserisce in un quadro geopolitico complesso, dove Mosca mostra volontà di presentarsi come alternativa al sostegno occidentale a Israele. La Russia ha riconosciuto lo Stato palestinese sin dal 1988, eredità dell'Unione Sovietica, e ha sempre sostenuto la soluzione a due Stati.

Significativo è anche l'episodio recente dell'aggressione di coloni israeliani contro un veicolo diplomatico russo nei pressi di Ramallah, che ha portato Mosca a presentare una nota di protesta ufficiale all'ambasciata israeliana, denunciando "una palese violazione del diritto internazionale".

Le reazioni palestinesi e israeliane

Le fazioni della resistenza palestinese hanno definito il piano Netanyahu "una dichiarazione di intenti genocidi", mentre da Israele arrivano conferme della determinazione a proseguire con l'operazione nonostante l'opposizione interna degli alti gradi militari. I massimi comandanti delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) si sono infatti espressi con fermezza contro il piano di occupazione totale di Gaza approvato dal gabinetto Netanyahu. Il capo militare, il tenente generale Eyal Zamir, ha avvertito che "questo mette a rischio gli ostaggi e sfianca le truppe esauste". La tensione tra leadership politica e militare ha raggiunto livelli critici, tanto che il figlio di Netanyahu ha addirittura accusato il Generale di vertice di un "colpo di Stato" insultandolo gravemente e pubblicamente. Da parte sua, l'esercito avverte che oltre 1 milione di civili rischiano l'evacuazione forzata, civili già stremati da una carestia la cui responsabilità va ascritta unicamente allo Stato occupante di Israele e al suo governo estremista, il quale proibisce l'ingresso nella Striscia di Gaza a centinaia di camion carichi di aiutalimentari. La frattura tra Netanyahu e i suoi generali evidenzia una crisi di comando senza precedenti: il gabinetto di guerra ha approvato il piano "ignorando il parere negativo dell'esercito". I vertici militari temono che l'operazione possa trasformarsi in un disastro strategico, compromettendo definitivamente le possibilità di liberare gli ostaggi rimasti e prolungando indefinitamente un conflitto già devastante.

1 milione di civili palestinesi da deportare

Ancora non è nemmeno chiaro dove Netanyahu vorrebbe sistemare/deportare il milione di palestinesi di Gaza City: sud di Gaza e in presunti "campi umanitari" non ben precisati dove vi sarebbe un controllo militare totale da parte delle Forze di Difesa Israeliane (IDFcon divieto assoluto di poter uscire, per cui li definirei più come dei campi di concentramento, anziché come campi umanitari. Netanyahu, sul quale pende un mandato di cattura della CPI per crimini di guerra, ha dichiarato: «Israele sta distruggendo sempre più case a Gaza. Ora i palestinesi non hanno un posto dove tornare». Dichiarazione aberrante e criminale che credo si commenti da sola.

Il progetto Trump: Netanyahu ha anche discusso del folle piano di Donald Trump per l'occupazione di Gaza da parte degli Stati Uniti, con Trump che aveva invitato Egitto e Giordania ad accogliere i palestinesi in fuga dalla Striscia, ma entrambi i Paesi si sono opposti all'idea (vedasi in tal senso il mio precedente articolo).

Nessuna garanzia di ritorno: significativamente, Israele si è astenuto dall'assicurare pubblicamente ai cittadini di Gaza che coloro che se ne andranno potranno tornare, facendo temere che lo spostamento sia in realtà permanente, una vera e propria pulizia etnica mascherata da operazione militare.

La portata delle condanne internazionali al piano Netanyahu dimostra l'isolamento crescente di Israele sulla scena mondiale, ma resta da vedere se questa pressione diplomatica sarà sufficiente a fermare un'operazione che rischia di trasformare definitivamente il volto di Gaza e dell'intero conflitto israelo-palestinese in una pericolosa deflagrazione mondiale.

Di Eugenio Cardi