15 Luglio 2025
Meloni, von der Leyen, Schlein Fonte: Marcello Veneziano
È inutile far finta di niente, come hanno tentato di fare la fabbrica dell’informazione e il circo della politica. Qualcosa è cambiato, o meglio qualcosa ha confermato la nuda realtà dell’Europa al di là delle apparenze e della finta rappresentazione mediatica e politica. Tutti per imbarazzo e ipocrisia preferiscono glissare per non spiacere a destra e manca. O ne raccontano un pezzo, dimenticando l’altro. Dunque in questa settimana è successo che la sinistra e la destra europea, i progressisti e i sovranisti, si sono spaccati sulla sfiducia a Ursula von Der Leyen. E da noi si sono divisi non solo Tajani e Salvini, e le opposizioni, ma si sono unite a difendere la von Der Leyen, Giorgia Meloni ed Elly Schlein; le tre sorelle Bandiera dell’Europa, che taluno chiamerà a questo punto Voltabandiera. Vi pare poco, dite, vi pare poco? Per essere precisi, la destra ha trovato una mediazione non partecipando al voto, ma così facendo ha comunque dato una mano a Ursula.
I conservatori italiani si dividono dai conservatori europei e sostengono la von Der Leyen, il Pd si separa dall’amatissimo Sanchez e sostiene la signora UE (Ursula Europea). Destra e sinistra, divise a Roma, unite a Bruxelles. E a Kiev. Divise sul palcoscenico nostrano, unite nell’Establishment europeo. La sinistra italiana vuole restare nell’establishment, la destra italiana vuole entrarvi. Entrambe lo fanno per contare, e se al governo, per durare.
Come spiegare questa svolta, dal punto di vista della destra? Le categorie interpretative sono già pronte e secche: tradimento o realismo. Ovvero si può sostenere che questa svolta segna un vero strappo dal sovranismo degli anni passati, dal linguaggio d’opposizione, dalla promessa di cambiare l’Europa, a partire dall’Italia, e da tutta quella carica anti-Palazzo che ha permesso di raccogliere voti e speranze. O meglio, quel voto a favore di Ursula è il culmine di una mutazione che ormai era nell’aria da troppo tempo. A sostenere quelle tesi da noi resta ora Roberto Vannacci, o pochi altri. Oppure si può dare una versione positiva e dire che in questo modo il governo Meloni condiziona Ursula e dunque l’Ue, sposta il baricentro del governo europeo verso destra, ne corregge un pochino la linea. È una scelta d’efficacia, diranno i realisti. L’imperativo categorico è durare. E per usare una parola grossa: "Aho, semo statisti".
Ma in cosa si traduce questa scelta? Mantenere la linea sciagurata del riarmo italiano ed europeo, rifornire di armi l’Ucraina, comprandole dagli Stati Uniti, riprendere a considerare l’Ucraina un pezzo d’Europa per poi dire che Putin ha invaso l’Europa, e poi tacere e allinearsi su Gaza, mediare con Trump sui dazi, placarlo a suon di patriot, godendo di un paravento di affinità destrorsa e della sua benevolenza verso di lei… E soprattutto riconoscersi in questa deprimente, fallimentare Unione Europea, accettare la sua scellerata visione etico-normativa, considerandola come l’unica possibile.
Del resto se avesse scelto l’inverso, se avesse votato contro Ursula si, avrebbe votato con i sovranisti e i conservatori ma anche con le sinistre sparse e i 5 Stelle. Aggiungo un precedente al voltafaccia della destra di governo: quando il movimento più anti-sistema d’Italia, i 5 Stelle, allora al governo, votò per la von Der Leyen, partecipando alla prima “maggioranza Ursula”, insieme con l’establishment di centro-sinistra.
Comunque la si valuti, questa è una svolta. Felpata, ben dissimulata, con tanti gne-gne sovranisti per far vedere che non c’è stato alcun cambiamento. Ma al di là degli slogan placebo, di fatto è uno strappo, anzi la certificazione di uno strappo già avvenuto. La Meloni e la Schlein camminano ai lati del trittico europeo, Ursula, Roberta Metsola e Christine Lagarde. Un gineceo, anzi una ginecocrazia. Come potremmo definire questa linea unitaria? Eurodraghismo, per esempio.
In termini nostrani, cioè italiani, come spiegare questa svolta? Con l’attrazione fatale, inesorabile, di chi governa verso la Madre di tutti i governi, la Dc e la sua saggezza pratica, opportunistica e ingloriosa che però consente lunga durata e tiepidi conflitti. È quello alla fine il modello e paradigma insuperato, soprattutto per chi non è di sinistra, e per questo succede che oggi il punto d’incontro tra il Quirinale e Palazzo Chigi sia proprio quello, lo spirito democristiano nelle sue modulazioni presenti; ecco Melonella, sintesi istituzionale di Meloni e Mattarella. Al potere si va da ribelli e si finisce da democristiani, si finisce così per non finire… O se preferite un’altra immagine di prospettiva, siamo nell’epoca discendente dei surrogati: dopo Silvio venne PierSilvio, che vagheggia una discesa politica nel segno del padre, nel progetto di una PierForza Italia. Dopo Giorgia, verrà PierGiorgia, e guiderà la Pier-destra italiana? Per carità, lei è brava, piace, secondo molti sta facendo bene, e in ogni caso sempre meglio lei che tutti gli altri a Palazzo Chigi. Sull’impatto dell’azione di governo sul Paese, considerate che la situazione generale di un paese dipende almeno per metà dalla situazione internazionale, oltre che dai vincoli e condizionamenti sovranazionali; e per la restante metà dipende dall’azione dei precedenti governi, dallo stato di salute generale e dall’azione del governo in carica. A tutto questo si aggiunge, naturalmente, l’Imponderabile, il Caso, gli Eventi. Traduco: se le cose vanno così, il merito o la colpa è solo in piccola parte del governo in carica.
Certo, la politica è molto più complicata delle semplificazioni, è storta e contorta, piena di contrappesi e di variabili secondarie, uscite laterali e cadute verticali. Comunque non si può concludere in modo netto e tranciante, anche se il popolo – eterno bambino – vuole risposte semplici e nette, non ama i chiaroscuri che sono semplicemente la realtà e la verità delle cose. E dunque alla domanda finale: insomma, fa bene o fa male la Meloni a mutare e convertirsi alla Ue? L’unica risposta seria è una domanda: ma per voi è più importante che mantenga la linea con cui si presentò al popolo sovrano, la parola data, la coerenza di un’identità e di un progetto o che mantenga il comando, cioè che resti al governo più a lungo possibile e cerchi di incidere il più possibile, cioè almeno il minimo consentito? Più alcune domande derivate: preferite che esca a testa alta dal Palazzo o che difenda a testa bassa Palazzo Chigi, impedendo che vada la sinistra a governare? Vi basta paventare questa alternativa o per voi è troppo poco, soprattutto se l’omologazione le rende quasi equivalenti? In quelle domande è compreso tutto l’arco di consensi e dissensi intorno a questo governo. In ogni caso è certo che non si può pretendere lo stesso tifo dagli spalti se le squadre in campo hanno cambiato gioco, partita e scopo. Alla domanda di fondo, e a quelle derivate, do alla fine una risposta binaria: la capisco, ma non conti su un sostegno assoluto, incondizionato, a priori. Ossia comprendo bene le sue scelte, apprezzo la sua abilità; lo so, questa è la politica, oggi e forse sempre; perciò ne sto alla larga.
Di Marcello Veneziani
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia