Dove è finito l'uranio iraniano? Ipotesi spostamento nei laboratori sotterranei segreti da Fordow per sfuggire all'attacco Usa - RETROSCENA
Secondo fonti di intelligence, l’uranio è sparito dai siti noti e sarebbe parte di una rete di "installazioni clandestine"
Dove sono finiti quei 408,6 chili di uranio iraniano arricchito al 60%, vicinissimo alla soglia del 90% necessaria per costruire un ordigno nucleare? Secondo le dichiarazioni ufficiali degli Stati Uniti sarebbero sepolti sotto alle macerie di Fordow, uno dei siti colpiti dai B-2 americani, ma in realtà sarebbero stati nascosti in uno o più siti sotterranei segreti, non dichiarati all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea). Secondo fonti di intelligence, l’uranio è sparito dai siti noti e sarebbe parte di una rete di "installazioni clandestine": un “Piano B” tenuto pronto da Teheran per continuare il suo programma nucleare, emerso dopo la guerra dei 12 giorni con Israele.
Dove è finito l'uranio iraniano? Ipotesi spostamento nei laboratori sotterranei segreti da Fordow per sfuggire all'attacco Usa - RETROSCENA
"La valutazione preliminare dell’intelligence fornita ai governi europei indica che le scorte di uranio in Iran rimangono per la maggior parte intatte", scrive il Financial Times, citando due fonti informate sul dossier, diventato il fulcro di tensioni tra Casa Bianca, servizi di sicurezza, esperti nucleari e stampa internazionale.
Il giornale britannico precisa che lo stock non era più nel sito iper-protetto di Fordow, scavato nel cuore di una montagna nei pressi della città santa di Qom, al momento dell’attacco americano in cui sono state sganciate sei bombe GBU-57, ciascuna da 13 tonnellate, mirate ai condotti di ventilazione. Il fatto che dopo il raid non si sia registrata alcuna variazione nei livelli di radioattività fa supporre che il materiale fosse stato trasferito altrove in anticipo, come confermato anche dall’AISE – i servizi segreti esterni italiani – durante una recente audizione al Copasir.
Resta il rebus sul reale impatto dei bombardamenti su Fordow: per l’ex presidente Trump il sito è stato "annichilito", il Pentagono parla di "danni gravi", mentre da Teheran arrivano valutazioni contrastanti, da "nessun danno" a "danni significativi". Ma la vera domanda, oggi, è: dove si trova l’uranio arricchito della Repubblica Islamica? L'Iran ha centrifughe in altri siti oltre che in quelli di Fordow, Natanz e Isfahan?
"La risposta è sì, perché l’Iran ha una rete di strutture sotterranee per il programma nucleare non conosciute e da quel che risulta la capacità di arricchimento non è azzerata, perché ha ancora centrifughe funzionanti e componenti per produrne molte altre", spiega Jeffrey Lewis, docente del Middlebury Institute of International Studies di Monterrey e specialista in politiche nucleari. "Portare quasi mezza tonnellata di uranio al 60% significa aver fatto gran parte del lavoro. Arricchirlo fino al 90% è più semplice e veloce: con 250 centrifughe bastano 8-10 settimane".
Due giorni prima del raid, le immagini satellitari hanno rilevato una fila di 16 camion in prossimità di uno degli accessi di Fordow. Non è certo che siano stati usati per trasportare l’uranio, ma è significativo che il 13 giugno – giorno dell’inizio dell’offensiva israeliana – il direttore dell’Aiea Rafael Grossi abbia ricevuto una comunicazione ufficiale dal ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi in cui si parlava dell’adozione di "speciali misure" per proteggere materiali e infrastrutture radioattive. È probabile che tra queste rientrasse anche lo spostamento dell’uranio.
Il giorno prima, il 12 giugno, Teheran aveva già informato l’Aiea dell’esistenza di un nuovo sito sotterraneo, ancora più profondo dei tunnel di Fordow (posti a 80-90 metri di profondità). Le informazioni disponibili sono scarse, ma si tratterebbe di una struttura di almeno 10.000 metri quadrati situata in una zona montuosa della provincia di Isfahan, con impianti di arricchimento e depositi. La localizzazione esatta, però, resta ignota.
Prima del conflitto, le scorte erano distribuite tra Fordow e Isfahan. Secondo alcuni esperti, i tunnel di Isfahan avrebbero resistito ai bombardamenti. Ma Trump, sulla piattaforma Truth Social, contesta l’ipotesi che lo stock sia stato evacuato: "Niente è stato portato via dal sito. Ci sarebbe voluto troppo tempo, sarebbe stato troppo pericoloso, perché è molto pesante e difficile da spostare".
Una tesi che però gli esperti smentiscono. "L’uranio viene spostato in continuazione, non è difficile", ribadisce Lewis. "Durante l’arricchimento, passa di frequente da un impianto all’altro, da un’azienda all’altra. È contenuto in cilindri metallici sotto forma di polvere e può essere trasportato nel bagagliaio di un’auto".
L'ubicazione “tesoro radioattivo” di Teheran, che il regime insiste a definire “a uso civile”, è ora un mistero. Il premier israeliano Netanyahu ha dichiarato che il Mossad "ha una pista interessante" per localizzarne il nascondiglio. Intanto Rafael Grossi chiede – finora invano – di poter inviare ispettori nei nuovi impianti, o dove i pasdaran avrebbero messo in sicurezza il materiale. Per Stati Uniti e Israele, la restituzione di quell’uranio è il punto di partenza per tornare a negoziare. E, allo stesso tempo, una possibile miccia per future azioni militari.