30 Dicembre 2025
Jane Fraser, CEO di Citigroup
Citigroup ha annunciato l’uscita dal mercato russo tramite la vendita della sua controllata AO Citibank a Renaissance Capital, un’operazione che dovrebbe generare una perdita ante imposte stimata intorno a 1,2 miliardi di dollari.
Secondo quanto comunicato alla Sec tramite una nota, il perfezionamento della cessione è previsto nella prima metà del 2026. Citi ha precisato che l’impatto negativo si rifletterà già sul bilancio del quarto trimestre 2025, principalmente a causa delle variazioni di cambio, i cosiddetti “currency translation adjustment”, che rimarranno contabilizzate fino al completamento della vendita. Dal punto di vista patrimoniale, l’operazione non influirà sul coefficiente di capitale Cet1 di Citigroup. La banca ha aggiunto che l’ammontare definitivo della perdita potrebbe subire variazioni, anche in funzione delle fluttuazioni dei tassi di cambio. Le attività rimaste in Russia saranno classificate come destinate alla vendita a partire dal quarto trimestre 2025. Il mese scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha formalmente autorizzato Renaissance Capital ad acquisire le attività russe di Citibank.
Questa decisione rientra nel più ampio processo di disimpegno avviato dal gruppo nell’agosto 2022, quando Citi aveva annunciato la progressiva chiusura del consumer banking e delle attività di commercial banking nel Paese, nel tentativo di ridurre l’esposizione a un contesto sempre più complesso dal punto di vista geopolitico e regolamentare. A rilevare la controllata è Renaissance Capital, una banca d’investimento fondata in Russia nel 1995 e specializzata in mercati emergenti e di frontiera, con uffici a Mosca, Londra, New York, Lagos, Nairobi, Il Cairo e Nicosia.
L’uscita di Citigroup dalla Russia segue un evento simile in Europa, in cui Société Générale aveva venduto la maggioranza di Rosbank e le filiali assicurative locali al fondo russo Interros Capital, guidato da Vladimir Potanin. L’operazione aveva generato per la banca francese una perdita netta di circa 3,2 miliardi di euro, leggermente superiore alla stima iniziale di 3,1 miliardi, confermando l’alto costo legato al disimpegno dal mercato russo.
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