12 Novembre 2025
Elvira Nabiullina, presidente della Banca centrale russa, blocca l’uscita totale delle banche straniere dal Paese. Economista, banchiera e politica, alla guida dell’istituto dal giugno 2013, è considerata da molti l’unica in grado di dire di no al presidente Vladimir Putin. Nabiullina ha inviato un messaggio chiaro alle grandi banche straniere ancora presenti a Mosca, tra cui quella guidata da Orcel, il cui titolo è cresciuto del 650% in quattro anni e mezzo: nessun istituto potrà abbandonare completamente la Russia senza rischiare la nazionalizzazione delle proprie filiali ancora operative nel Paese.
Nonostante i progressi nella riduzione di contratti e attività in Russia, Unicredit non potrà procedere a una chiusura totale come richiesto dal governo italiano per motivi di sicurezza nazionale. Le autorità russe, infatti, considerano un’uscita completa come una liquidazione disordinata, con potenziali rischi sistemici per il Paese. Mosca intende quindi evitarla applicando rigidamente le proprie leggi.
Il fronte russo si conferma dunque complesso per Unicredit, stretta tra i vincoli imposti dal Cremlino, le pressioni del governo italiano e le indicazioni della BCE. Nel frattempo, il provvedimento sul Golden Power, che aveva bloccato la possibile scalata al gruppo Banco BPM, è ora sotto esame della Commissione Europea, la quale potrebbe avviare una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per presunta violazione del diritto comunitario.
In questo contesto si inserisce la decisione di Orcel di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR emessa la scorsa estate. L’obiettivo è contestare le prescrizioni del Golden Power con cui Palazzo Chigi aveva di fatto impedito l’operazione su Banco BPM, determinandone il ritiro.
Il TAR, il 12 luglio, aveva accolto solo parzialmente le richieste di Unicredit: su quattro punti contestati, solo due erano stati annullati. La banca non si è detta soddisfatta, sostenendo che i giudici non abbiano valutato adeguatamente i presunti rischi per la sicurezza nazionale indicati dal governo in caso di fusione.
Nel ricorso viene inoltre ribadita la posizione della banca in merito alla strategia di “solvent wind down”, ossia la riduzione progressiva e controllata del rischio Paese, senza un’uscita definitiva. Oggi l’attività di Unicredit a Mosca si è ridotta a circa il 10% rispetto ai livelli pre-conflitto, con circa 1.000 dipendenti contro i 4.000 precedenti alla guerra. Tutti i nuovi prestiti sono stati sospesi; restano solo quelli già concessi, e i pagamenti cross-border vengono effettuati esclusivamente in euro e dollari, le due valute meno colpite dalle restrizioni.
Il confronto tra Unicredit e il governo italiano potrebbe arrivare a un punto decisivo nei prossimi giorni: giovedì 13 novembre la Commissione Europea è attesa a decidere se avviare la procedura d’infrazione contro l’Italia e se annullare il decreto sul Golden Power. In tal caso, la controversia con Unicredit si chiuderebbe automaticamente, anche se Roma potrebbe impugnare la decisione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
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