15 Settembre 2023
foto @Lapresse
L’industria in Italia non è più quella di 40 anni fa e, come all’epoca, non è più una industria di successo che apporta novità di rilievo e punta allo sviluppo, creando quel valore aggiunto di cui il Paese e gli italiani hanno bisogno. A prendere sempre più piede è il mondo della finanza che genera reddito in maniera più semplice rispetto ai processi industriali. Ma cosa genera tutto ciò? Quale futuro deve aspettarsi l’Italia? Ne abbiamo parlato con un industriale di successo, Giulio Malgara che in esclusiva a Il Giornale d’Italia, ha tracciato un percorso della sua esperienza nel campo dei grandi marchi, sottolineando quello che manca oggi in Italia.
Giulio Malgara è noto fondatore di grandi marchi come Gatorade, Levissima, è stato fondatore di Auditel e presidente Upa, insomma un grande protagonista degli anni ’80.
“L’imprenditoria italiana è sempre stata molto attiva, molto creativa, portata allo sviluppo, tant’è vero che ha fatto l’Italia che ci troviamo fino agli anni 2000 – ha detto - Poi sono iniziati periodi diversi, avevamo grandi industriali con grandissime imprese e processi industriali come prima generazione. Ora il problema sono le nuove generazioni”.
Malgara ci racconta che negli anni ’80 e ’90 l’Italia vantava in campo industriale protagonisti di tutto rispetto che lavoravano in tutto il mondo, poi sono iniziati i primi singhiozzi e infine la crisi, con il sopravvento della finanza “perché forse era più facile creare profitto e reddito in quella maniera che iniziare cammini con processi industriali e con investimenti in macchinari e pubblicità”.
Per Malgara l’investimento in pubblicità è il fuoco sacro per lo sviluppo industriale. Lui, esperto e impegnato da sempre nella sua carriera nella produzione di beni a largo consumo, durevoli nel tempo, ha fatto diversi investimenti pubblicitari, mirati al consumatore: “Prima in Italia si registrava una media intensità pubblicitaria, oggi questa intensità è piuttosto bassa; si spendeva di più negli anni ’80, ’90 e 2000. Senza grandi investimenti pubblicitari e dunque, senza sviluppo possiamo fare poco perché perdiamo tutti i treni che abbiamo davanti. Siamo passati dalla macchina da scrivere all’intelligenza artificiale in 40 anni non in 400. Avevamo – prosegue Malgara - marchi straordinari che hanno poi avuto un cambiamento talmente forte”.
Per Malgara, l’industria sotto il profilo dello sviluppo ha subito un rallentamento mentre per quanto riguarda la finanza “abbiamo seguito il mondo”.
E questo – come spiega l’industriale - ha una conseguenza e sono i giovani.
“Sono subentrati gli influencer che però non soddisfano il potenziale consumatore, gli fanno sapere solo che un determinato prodotto esiste senza elencarne i benefici. Gli influencer non fanno pubblicità solo per un prodotto, ma per tutti. Il consumatore non è più catturato da un messaggio e da un prodotto ma da tante immagini e tanti prodotti propinati da una sola persona, ciò crea confusione e non dà credibilità”.
Malgara fa poi un paragone tra i giovani di oggi e quelli dei suoi tempi. Lui, a 18 anni, si è trasferito a Londra per imparare l’inglese perché all’epoca nelle scuole non veniva insegnato. Oggi, un giovane uscito dall’università è molto più preparato rispetto a un coetaneo del passato, conosce anche la lingua. La differenza sta nel fatto che all’epoca veniva catapultato in un mondo industriale sviluppato e capace di garantire profitti a lungo termine, oggi invece, i giovani si ritrovano aziende che non hanno un piano di sviluppo adeguato.
“Oggi abbiamo davanti un mondo forse più importante, oggi stiamo affrontando l’intelligenza artificiale, un travolgimento totale perché negli anni passati con le macchine abbiamo sostituito il lavoro manuale, ora rischiamo di sostituire lavoro intellettuale e il discorso si fa più difficile. Oggi il futuro è diverso, si pensi ad esempio alle macchine elettriche: non so come farà un operaio a comprarsi una macchina elettrica, non so come farà un impiegato, che hanno stipendi risicati. Questo è un punto importante che l’imprenditoria deve affrontare. Se non mettiamo soldi in tasca agli italiani non ci sono consumi e non c’è sviluppo. Serve un sistema che metta i soldi nelle tasche dei cittadini; il salario minimo è sacrosanto ma io vorrei parlare di salario alto, dobbiamo creare aziende e prodotti che abbiano valore aggiunto e che possano pagare di più. Abbiamo prodotto tanto ma non so se abbiamo prodotto valore aggiunto, la finanza oggi crea valore aggiunto e non l’impresa che non ha novità rilevanti. Dobbiamo rivedere tutto, compreso il processo nella programmazione dei prossimi 10 anni. Prima si programmava il paese per i successivi 25 anni per capire dove andare, non si improvvisava lo sviluppo di un anno, lo sviluppo deve iniziare dalla scuola. Abbiamo tanti ostacoli, la nostra programmazione italiana deve assolutamente decidere se vogliamo tenere i nostri laureati qui o mandarli all’estero”.
A proposito di questo, abbiamo chiesto a Giulio Malgara se l’attuale governo stia facendo l’indispensabile per puntare sullo sviluppo, sulla vocazione industriale del Paese e soprattutto se stia programmando qualcosa che possa assicurare un futuro evitando la cosiddetta fuga di cervelli.
“L’attuale governo con in testa Giorgia Meloni credo sappia perfettamente cosa vuole fare. Non stanno governando per risolvere i problemi mensili e annuali, loro stanno preparando, se glielo permetteranno, le basi per il futuro. Sono convinto che la Meloni abbia fatto un passo fondamentale, si è presentata al mondo andando a conoscere tutti i ministri delle importanti nazioni di Occidente e Oriente. È andata lì per dire chi siamo e per vedere cosa si può imparare. Il governo Meloni pensa al futuro, mi dà una sensazione di solidità e di visione. Giorgia Meloni ha visione ed è quello che ci vuole per un capo di governo e azienda. Poi ci vuole il governo, e qui forse sta un po’ balbettando perché ci sono tre partiti e ha dovuto giocare con delle idee diverse dalle sue. Il governo forse un po’ di appunto deve metterlo e se ha coraggio lo farà, lei ha capito la strada da percorrere. Non c’entra cosa ha fatto, ma dove vuole portare l’Italia”.
“Secondo me noi abbiamo fatto molto bene ad allearci sulla difesa dell’Ucraina, lì ci giochiamo la vita di una nazione, della democrazia. Sono favorevole all’invio di armi a Kiev, non c’è altra via di uscita. Noi dobbiamo difendere la nostra democrazia. Non possiamo permettere che la Russia possa invadere, negozia ma non invade. Putin doveva negoziare con l’Ucraina, senza invadere”.
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