14 Settembre 2022
Preparatevi a buttare i dizionari: Treccani ve ne sta regalando uno nuovo, al passo con i temi. Le novità? Innanzitutto, gli aggettivi compariranno prima al femminile e poi al maschile. Ergo, non troverete più la voce "bello, bella", ma "bella, bello". A quanto pare, per rispettare l'ordine alfabetico. Poi un'altra sorpresa: i nomi delle professioni hanno tutti un equivalente femminile: abituiamoci a "sindaca", "soldata", "ministra", "assessora". L'idea, ovviamente, è quella di "stare al passo coi tempi", combattere la "cultura androcentrica" attraverso la ristrutturazione del linguaggio. Ha veramente senso?
L'idea, dunque, di seguire una lingua "viva", orgogliosamente affermata dai curatori del dizionario: "La maggior parte degli esempi sono tratti dall'uso reale della lingua... Per tutti i nuovi esempi ci si è basati su materiali autentici tratti dalla rete, dai giornali, dalla trattatistica, dai blog, da documenti, libri, commenti (corretti!) nelle reti sociali". Poi, l'idea di rendere il dizionario in sé meno sessista: basta, nei lemmi, esempi con donne che stirano e uomini che immancabilmente dirigono aziende. Un proposito in sé lodevole, se non si sentisse il sapore amaro di un progetto ideologico dietro.
Benché appunto i curatori di Treccani si vantino di "seguire una lingua viva", il fatto è che parole come "assessora" non sono usate quasi da nessuno. Forse i lemmi sono tratti da blog sul femminismo in stile Freeda, ma la verità è che questa lingua "viva" è un qualcosa che sta venendo, in un certo senso, legittimato a forza nell'uso quotidiano. In una storia su Instagram, l'account Treccani, da anni attivissimo nel postare meme dalle chiare simpatie post-marxiste, ha affermato con orgoglio: "quando userete parole come soldata, saremo felici che potrete mostrare a chi vi contraddice il dizionario Treccani". L'idea, dunque, è quella di legittimare una ristrutturazione ideologica della lingua, non un neutrale adeguarsi all'uso comune del linguaggio.
Questa mentalità, è del resto coerente con la filosofia post-marxista che ha visto nel linguaggio la base del pensiero e della realtà: da qui la frenesia nel modificarlo, nel purificare la lingua da "residui patriarcali", nell'ovvia speranza di cambiare il modo in cui le persone pensano. Insomma, un'operazione neanche tanto mascherata di "polizia del pensiero". Forse un po' troppo normativo e politicamente schierato, da parte di un istituto scientifico che dovrebbe avere a cuore innanzitutto la correttezza di una lingua antica e bellissima come l'Italiano. Ma del resto, si può sempre comprare il dizionario Zanichelli.
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