08 Gennaio 2022
Fonte: Piccolo Teatro facebook
Trovato morto venerdì nella sua abitazione di Crespadoro (Vi) Vitaliano Trevisan: aveva compiuto 61 anni in dicembre e viveva ‘’in montagna, sentendomi lontano oramai dalle città’ come aveva dichiarato in ottobre in una intervista. Era nato a Sondrigo nella provincia vicentina, dichiarandosi sempre orgogliosamente provinciale e rappresentante di quel Veneto operoso e produttivo dei patron e delle fabbrichette sperse in mezzo alle nebbie padane.
In ottobre era stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio, anche se sul profilo Fb aveva tranquillizzato i suoi fan e lettori, riferendo di aver spontaneamente chiesto di essere sottoposto a cure psichiatriche; l’autore, soprattutto nel recente ‘’Works’’ (2016 per Einaudi) non aveva nascosto di aver fatto abuso di ogni possibile sostanza stupefacente nella sua esaltata giovinezza vissuta a rotta di collo. Non risulta però al momento che il suo decesso sia legato a abuso di sostanze, soprattutto in quanto l’autore di recente aveva chiarito di essere completamente ‘pulito’ da ogni addiction a sostanze tossiche; resta come una ombra tra coloro che adoravano il suo stile asciutto e complesso, ottenuto per stratificazioni di esperienze e riflessioni, il dubbio che il decesso sia dovuto a un suo atto di volonta; si attende con impazienza l’esito delle indagini e delle perizie dei medici legali.
Trevisan era un unicum nel panorama asfittico delle italiche lettere, arrivato tardissimo alla scrittura, da auto didatta, e ancora più tardi al successo; basti dire che l’autore dello strepitoso ‘OdIo’ (per Mondadori), Daniele Rielli, lo definiva ‘’il più grande autore vivente in lingua italiana’, esprimendo ammirazione per il suo lavoro da autodidatta che lo aveva portato a inventarsi anche drammaturgo, e dopo aver scritto le sue piecès teatrali, a improvvisarsi persino attore e infine anche regista dei suoi spettacoli. Si consiglia l’ascolto del Podcast di Rielli con l’autore, nel quale si affrontava anche il tema del disagio mentale, ma si magnificava soprattutto il Trevisan descrittore puntuale della provincia così lontana dai ‘salotti letterari’, i paesini produttivi e Laburisti, inteso come devoti alla fatica quotidiana, del Nord est produttivo; un punto di vista rivoluzionario rispetto al 90% di autori in lingua italiana, che ancora nel 2020 ci tormentano con le loro ubbie amorose, il politicamente corretto o i conti ancora mai fatti con un marxismo deceduto da quasi tre decenni.
Nella pletorica vita ,’larger than life’ direbbe un critico americano, di Trevisan si erano aggiunti nell’ultimo decennio anche le traduzioni del tedesco, anche quest’ultime parte di un percorso iniziato da auto didatta; un dato fattuale che ci dà il peso, il ‘pondus’ delle capacità intellettuali dell’uomo, visto che è notoria la complessità della lingua germanica e gli infiniti problemi di traduzione e resa del testo che porta un idioma con una costruzione sintattica così astrusa, traduttore quasi unico e apprezzato dallo stesso autore di Thomas Bernhard, al quale dichiaratamente si ispirava, declinando la sua sincerità fino a dire ‘’quando un autore viene pubblicato, è compito degli altri autori saccheggiarli”; ha anche tradotto Wittgenstein e molti altri autori in lingua germanica.
Per iniziare ad approcciarsi al lavoro pletorico di Trevisan, si consiglia di iniziare dal più recente ‘Works’, nel quale Vitaliano ripercorreva tutte le tappe del suo ‘libretto di lavoro’ (la cosa più importante per un veneto è cosa c’è scritto nel suo libretto di lavoro’ op. cit.); qui si intravede le influenze dichiarate di BernHard e di Beckett sullo stile di Trevisan, che esprime tutto in prima persona e per’flusso di coscienza’ così caro agli autori irlandesi dopo Joyce: Trevisan riporta tutta la sua scalata nel mondo lavorativo, da muratore semplice a lattoniere, parquettista, montatore di cucine componibile che smadonna con le chiavi del 12, ‘losanghe che non combaciavano di venerdì alle 19’ e infine geometra, progettista e assistente di architetti di successo. Una lettura unica nel panorama italiano, che si consiglia come un balsamo curativo rispetto alel elucubrazioni mentali di scrittori sempre più distaccati dalla realtà, e che potrebbe far capire a chiunque quanto ci mancherà Vitaliano Trevisan, e tutte le opere che avrebbe ancor potuto scrivere a 60 anni e che, purtroppo, non ci regalerà più…
Di Gianluca Ursini
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia