Caso Signorini, Fabrizio Corona con "Falsissimo" vola a 7mln di visualizzazioni: tutta l'Italia ne parla, ma i grandi media tacciono

Fabrizio Corona, con due puntate di "Falsissimo" su Alfonso Signorini, vola a sette milioni di visualizzazioni. Tutta l'Italia ne parla, ma il caso è ignorato dalla grande stampa. "Falsissimo" vale più del "Grande Fratello", che su Canale 5 fa meno di due milioni di telespettatori a puntata. La disintermediazione verso la stampa tradizionale è avvenuta

La puntata 19 di Falsissimo, il podcast di Fabrizio Corona diffuso su YouTube, quella dedicata alla denuncia del cosiddetto “Sistema Signorini”, ha già raggiunto 4,6 milioni di visualizzazioni. E quella 20, uscita il 22 dicembre e in cui Corona rincara la dose aggiungendo altri particolari sul “Sistema Signorini”, dopo poche ore in rete ha già ampiamente superato i due milioni di visualizzazioni.
Tutto ciò sta accadendo mentre i grandi organi di stampa, i tg o i quotidiani tradizionali, non stanno dando grande spazio alla vicenda.

Caso Signorini, Corona ha detto la verità: favori sessuali in cambio di visibilità, ma il "sistema" lo punisce con querele e perquisizioni

In sostanza, tutta Italia sta parlando di un caso che i media classici stanno pressoché ignorando. Ovvero, ecco plasticamente descritta la disintermediazione totale dell'informazione. Non si deve più passare dalle testate consuete per fare sapere le cose alle persone. Lo si dice da anni, molte volte però si è stati dubbiosi: ma ecco che la case history “Corona-Signorini” è lì a dimostrarci che la rivoluzione è avvenuta.
Fabrizio Corona, muovendosi con i suoi mezzi personali e senza redazioni monstre alle spalle, sta conducendo un'inchiesta. Poi si vedrà se quanto affermato nei suoi video sia o meno vero. Ma intanto la disintermediazione è nei fatti. E, d’altronde, sotto la testata Falsissimo, si erano toccati già i 5,2 milioni di visualizzazioni per la puntata su “Fedez e il suo vero amore”, i 3,2 mln per il “Vero amore di Chiara Ferragni”, i 2,6 mln sul “Caso Garlasco” o i 2,2 milioni sulla “Gintoneria”. Tanto per fare un parallelo, si può ricordare che le puntate del Grande Fratello, nella sua ultima edizione condotta da Simona Ventura, sono rimaste molto spesso sotto i due milioni di telespettatori su Canale 5. Questo è il peso di Corona. Quello è il peso della tv.
 
Come dice bene Nico Combattelli su Il Giornale d’Italia, “non si tratta di santificare Corona. Ma di riconoscere che, in un panorama mediatico anestetizzato, la sua voce è una delle poche che ancora osa disturbare. E che forse, dietro il clamore e l’eccesso, ha toccato un nervo scoperto. Il problema non è solo quello che ha detto. È che lo ha detto ad alta voce. E allora la domanda vera non è se Corona abbia sbagliato nei modi. Ma perché nessun altro abbia mai avuto il coraggio di sollevare il velo. Perché, in un sistema che si nutre di apparenze, chi prova a raccontare ciò che accade dietro le quinte viene subito delegittimato, isolato, messo a tacere. Forse è più comodo così. Ma non è giusto. In un Paese che si dice democratico, la libertà di parola non può valere solo per chi sta al centro del palcoscenico. Deve valere anche e soprattutto per chi ha il coraggio di guardare dietro le quinte. Anche se si chiama Fabrizio Corona”.
 
E, allora, perché i media tradizionali, nel caso di specie sollevato da Corona, stanno tacendo? Per Paolo Madron, come scrive su Lettera43, “non per pudore, né per improvvisi scrupoli deontologici. Ma perché intervenire significherebbe disturbare un equilibrio di relazioni, conoscenze e convenienze che rischierebbe di ritorcersi contro”. C’è, in sintesi, una “frattura ormai strutturale tra l’informazione tradizionale e quella che viene generata e prospera sulle piattaforme. Una divaricazione che non è più solo tecnologica, ma culturale, etica, persino antropologica”. Si temono “querele, inserzionisti, rapporti di filiera, incroci di interessi: l’editoria è diventata un esercizio quotidiano di sopravvivenza dentro un settore i cui numeri sono in drammatica contrazione. Da qui nasce l’autocensura, la forma più elegante e ipocrita del silenzio. Non servono telefonate intimidatorie: basta attenersi alle tacite regole che sovrintendono al mercato editoriale. Chi scrive le conosce, e chi dirige un giornale ancora meglio”. E c’è ben poco da aggiungere. Perché il sistema funziona proprio così.