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Permessi Legge 104 validi anche di notte: la Cassazione rafforza i diritti delle famiglie e dei caregiver senza indebolire le imprese

Con l’ordinanza n. 23185 del 12 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha emesso una decisione destinata a fare giurisprudenza

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Fonte foto: cortedicassazione.it

Con l’ordinanza n. 23185 del 12 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha emesso una decisione destinata a fare giurisprudenza. I permessi retribuiti previsti dalla Legge 104 possono essere utilizzati anche nelle ore serali e notturne, senza che ciò configuri automaticamente un abuso del diritto o una violazione degli obblighi verso il datore di lavoro. È una sentenza che rafforza il principio di equilibrio tra le esigenze familiari e quelle aziendali, riconoscendo la complessità del lavoro di cura senza sacrificare la trasparenza e la correttezza nei rapporti professionali.

Il caso: spiaggia, fotografie e un licenziamento

Il giudizio trae origine da un episodio avvenuto nell’estate 2023. Un dipendente della Mediamarket S.p.A. era stato licenziato dopo che, durante i giorni di permesso 104, era stato fotografato in spiaggia in orario mattutino. L’azienda, ritenendo non credibile la motivazione dell’assenza – assistenza a un familiare invalido – aveva avviato la procedura di allontanamento per sospetto utilizzo improprio dei permessiIl primo grado di giudizio, presso il Tribunale di Trani, aveva dato ragione all’impresa. Tuttavia, la Corte d’Appello di Bari ha successivamente ribaltato la sentenza, evidenziando la fragilità delle prove raccolte e la mancanza di documentazione completa sul rapporto investigativo. Il punto centrale, però, è un altro: l’assistenza richiesta dalla madre del dipendente avveniva nelle ore serali e notturne, momento in cui le sue condizioni di salute richiedevano una presenza continua.

La Cassazione chiarisce: il diritto non ha orari fissi

La Corte Suprema ha confermato la decisione dei giudici d’appello, chiarendo un aspetto finora oggetto di interpretazioni controverse: la Legge 104 non stabilisce che l’assistenza debba essere prestata durante l’orario di servizio lavorativo. Il diritto ai permessi è collegato alla prestazione effettiva di assistenza, indipendentemente dall’orario in cui questa avviene.

La Cassazione sottolinea inoltre un principio giuridico fondamentale: l’onere della prova dell’abuso grava sul datore di lavoro. Non è il lavoratore a dover dimostrare costantemente dove si trovi o cosa stia facendo durante i giorni di permesso, ma è l’azienda che, se sospetta un uso illecito, deve fornire prove documentate, precise e coerenti. Nel caso in questione, l’azienda non è riuscita a provare che l’assistenza fosse assente nelle ore serali, e anzi, i testimoni hanno confermato che il lavoratore garantiva una presenza regolare e necessaria durante la notte.

Diritti sì, ma con responsabilità

Questa decisione non va letta come una liberalizzazione incondizionata dei permessi 104, né come una vittoria contro le imprese. Al contrario, rappresenta un bilanciamento liberale tra diritti individuali e responsabilità condivise. Il sistema dei permessi retribuiti esiste per tutelare le famiglie e le persone più fragili, ma non può essere interpretato in modo burocratico, come se esistesse un orario “standard” per fare assistenza. In questo contesto, la flessibilità non è sinonimo di arbitrio: è l’adattamento del diritto alla realtà concreta. Una madre disabile può avere bisogno di aiuto proprio nelle ore in cui il lavoratore non è in servizio. Pretendere che l’assistenza avvenga solo tra le 9 e le 18 significherebbe svuotare la legge della sua funzione sociale. Allo stesso tempo, è giusto che le aziende vigilino sul corretto utilizzo degli strumenti previsti dalla legge. I permessi retribuiti sono un costo per la collettività e per il datore, e i casi di abuso – quando realmente accertati – vanno perseguiti. Ma per farlo serve rigore nelle prove, non semplici impressioni o fotografie decontestualizzate.

Un segnale anche alle politiche del lavoro

La sentenza della Cassazione ha un valore che va oltre il singolo caso. In un’Italia dove il dibattito pubblico spesso oscilla tra protezionismo e deregolazione, questa pronuncia offre un esempio di diritto liberale applicato con equilibrio: tutela del singolo, chiarezza delle regole, centralità della prova.

Non serve irrigidire la normativa né creare nuovi vincoli. Serve invece una cultura giuridica che metta al centro la fiducia reciproca tra datore e dipendente, con strumenti che favoriscano la trasparenza e non il sospetto generalizzato. La giustizia, in questo caso, ha ricordato che la legge non è fatta per “incastrare” le persone, ma per regolare rapporti complessi in modo equo.

L’assistenza ai familiari disabili è un tema delicato, che tocca la vita privata, la dignità, la solidarietà. La Cassazione ha indicato una via fondata sul buon senso giuridico: il permesso 104 è legittimo anche se l’assistenza avviene fuori dall’orario di ufficio, purché vi sia necessità e una prestazione reale. Per i lavoratori, è un messaggio di tutela. Per le imprese, un invito alla precisione e al rispetto del giusto processo. Per lo Stato, un esempio di come si possa proteggere i più deboli senza generare privilegi o incertezze normative.

Di Riccardo Renzi

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