18 Luglio 2025
La Procura di Palermo non si arrende e punta dritta alla Cassazione per ribaltare la sentenza che ha assolto Matteo Salvini nel caso Open Arms. Con un "ricorso per saltum", i magistrati palermitani chiedono alla Suprema Corte di esprimersi direttamente, bypassando l'appello. Il leader della Lega risponde con fermezza: “Difendere l’Italia e i suoi confini non è reato”.
La Procura di Palermo ha depositato in Cassazione il ricorso contro la sentenza con cui il tribunale del capoluogo siciliano, lo scorso 20 dicembre, ha assolto Matteo Salvini dai reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio nella vicenda Open Arms. La scelta di ricorrere direttamente alla Suprema Corte – il cosiddetto ricorso per saltum – consente ai magistrati di evitare l’appello, puntando a un giudizio di legittimità immediato.
Al centro del processo, il blocco allo sbarco di decine di migranti soccorsi nel Mediterraneo dalla nave della Ong spagnola, avvenuto nell’agosto del 2019, quando Salvini era ministro dell’Interno. Secondo l'accusa, l’allora titolare del Viminale avrebbe trattenuto illegittimamente a bordo della nave i migranti per oltre 20 giorni, impedendo lo sbarco a Lampedusa.
Il tribunale ha però assolto Salvini “perché il fatto non sussiste”, motivazione depositata lo scorso giugno. Ma per la Procura, la sentenza avrebbe frainteso leggi e convenzioni internazionali, sostenendo – erroneamente, secondo i magistrati – che l’Italia non avesse l’obbligo di assegnare un porto sicuro alla nave battente bandiera spagnola. I pm ritengono dunque inutile un nuovo giudizio di merito in appello, insistendo sulla necessità di un intervento della Cassazione.
Pronta la replica del vicepremier e leader della Lega: “Difendere l’Italia e i suoi confini non è un reato”, ha scritto Salvini sui social.
Solidarietà al collega di governo è arrivata anche dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha dichiarato: “Mi dispiace molto per questa notizia, mi ha colpito molto nel rispetto profondo dei passaggi giudiziari. Mi dispiace umanamente e personalmente e anche professionalmente, io ho vissuto quella stagione da capo di gabinetto di Salvini. Me ne sento ancora più partecipe e rivendico l'azione che fu fatta per contrastare l'immigrazione illegale che non è tanto diverso dalle mafie”. E ha concluso: “Mi ritengo moralmente imputabile anche io”.
A commentare la notizia anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “È surreale questo accanimento, dopo un fallimentare processo di tre anni – a un ministro che voleva far rispettare la legge – concluso con un'assoluzione piena. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di tutte queste energie e risorse spese così, mentre migliaia di cittadini onesti attendono giustizia”.
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